La Corte Suprema americana ha stabilito che non si può porre nessun limite alle “donazioni” delle aziende ai partiti durante le campagne elettorale. Secondo la Corte Usa, infatti, porre un limite di spesa significa violare il Primo Emendamento della Costituzione americana. La sentenza, di fatto, spazza via dieci anni di tentativi di porre limiti alle donazioni delle aziende.
La decisione della Corte è arrivata a stretta maggioranza: 5 i giudici a favore, 4 i contrari. Contro la limitazione hanno votato i magistrati conservatori.
La sentenza, però, appare destinata a far discutere anche perché rovescia completamente un pronunciamento della stessa Corte del 2004. Allora si stabilì che le aziende non potevano usare i loro soldi per favorire o contrastare i candidati. Non solo: la nuova decisione cancella, di fatto, anche la legge di riforma finanziaria elaborata da McCain e Feingold nel 2004.
La Corte Suprema esce lacerata dalla sentenza. Uno dei giudici di minoranza, John Paul Stevens, infatti, dopo il pronunciamento ha letto un discorso di venti minuti in cui esponeva le ragioni del suo dissenso. Per Stevens «la sentenza rappresenta un cambiamento radicale della legge e ignora la volonta della grande maggioranza dei giudici che, negli anni, hanno servito la Corte».
Amareggiati anche i due senatori, il democratico Feingold e il repubblicano McCain, che hanno proposto le limitazioni. Per Feingold la sentenza è uno «sbaglio terribile che ignora fondamentali principi giuridici e manca di rispetto per le decisioni precedenti».
