
I nuovi passaporti per i cittadini libici avranno con ogni probabilità l’immagine in filigrana di Muammar Gheddafi e Silvio Berlusconi. I due sono immortalati mentre si stringono la mano al momento della firma dell’Accordo di Amicizia e Cooperazione fra Italia e Libia nell’agosto del 2008 a Bengasi.
La Libia si è impegnata a riprendere il rilascio di visti ai cittadini dei Paesi dell’Unione europea aderenti alla cosiddetta «area Schengen». A causa di un contenzioso con la Svizzera, seppure con alcune eccezioni questi permessi di ingresso sul territorio della Giamahiria sono stati negati o sospesi dal 14 febbraio scorso. La novità sulla fine blocco è emersa ieri, 27 marzo, dopo che il regime del Colonnello Muammar Gheddafi, il cui figlio Hannibal venne arrestato per due giorni a Ginevra nel 2008 con l’accusa di aver picchiato due persone di servizio, ha apprezzato un comunicato della presidenza di turno spagnola dell’Ue preparato da José Luis Zapatero anche in seguito a una consultazione al telefono con Silvio Berlusconi.
Il presidente del Consiglio italiano aveva premuto affinché l’Unione diffondesse un comunicato che sancisce una svolta: dal «sistema informativo di Schengen sono stati cancellati» i nomi di 188 libici, Colonnello compreso, inseriti nel novembre 2009 dalla Svizzera tra i visitatori indesiderati. Diceva ieri sera al Corriere, di ritorno da Sirte, l’ambasciatore libico a Roma Abdulhafed Gaddur: «Grazie a Berlusconi. Ce l’ha messa tutta nell’Ue per riconciliare. Con la Svizzera rimane tutto come prima: deve accettare un arbitrato internazionale sulla detenzione di Hannibal Gheddafi e le sue foto agli arresti date alla stampa». In sostanza la nota spagnola, e il suo «rammarico» per «i disagi causati a cittadini libici» dalla lista nera, avrebbe l’effetto di far esonerare dal blocco dei visti di Tripoli i cittadini di circa 20 Stati tranne gli svizzeri. A Sirte, ai margini dell’incontro della Lega araba, Berlusconi ha letto alcuni suoi appunti con proposte di soluzione al premier libico Baghdadi Ali al Mahmudi e al ministro degli Esteri spagnolo Miguel Angel Moratinos. Poi la telefonata con Zapatero.
