Con una leggera punta di invidia Vladimir Putin guarda al partito comunista cinese, specialmente alla capacità di Pechino di fronteggiare la crisi economica.
Per conoscere direttamente le strategie dei leader orientali nell’esercizio del potere, il premier russo ha convocato una riunione speciale con gli alti funzionari della Repubblica Popolare.
I russi in realtà non rimpiangono il vecchio comunismo, di matrice marxista-leninista, soprattutto perché il modello sovietico è molto attenuato in Cina.
Ciò che ammirano sono i risultati ottenuti dal partito unico di Pechino nel mantenimento di uno stretto controllo sul Paese, in continua crescita economica.
Mentre la Russia ha arrancato nel suo passaggio ad un’economia competitiva, la Cina è riuscita a trascinare il suo sistema verso una posizione di leadership.
L’economia di Putin dipende dal petrolio e dal gas, mentre quella di Hu Jintao eccelle nella fabbricazione di prodotti richiesti in ogni parte del mondo.
«I risultati raggiunti dal partito comunista cinese nello sviluppo del paese meritano il massimo dei voti», ha detto Aleksandr Zhukhov, viceministro di Putin.
La grande forza del Pc cinese è proprio la sua filosofia di base, mentre quello russo ha funzionato negli ultimi anni solo come braccio di Putin: anche in campagna elettorale i comunisti di Mosca hanno fatto proselitismo sotto l’egida del grande piano Putin.
