ROMA – E’ confermato: la legge elettorale egiziana è stata ufficialmente bocciata. La Corte Costituzionale egiziana conferma come “definitiva” la sentenza di bocciatura, che ha portato allo scioglimento del Parlamento. Lo riferisce la tv di Stato.
La bocciatura appare come l’ennesima prova di forza tra il neopresidente egiziano Mohamed Morsi e la Corte Costituzionale del Paese. Con i militari che, dal canto loro, scendono in campo chiedendo il rispetto ”della costituzione e della legge”.
Tutte le sentenze sono ”inappellabili e definitive”, ha fatto sapere la Corte Costituzionale, ribadendo la sua decisione di sciogliere l’Assemblea all’indomani del decreto di Morsi di riconvocare il Parlamento.
A loro volta, i militari – che il 14 giugno aveva deciso lo scioglimento del Parlamento – con tono molto deciso, si sono detti ”fiduciosi che tutte le istituzioni dello Stato rispetteranno le decisioni costituzionali”. Sottolineando che ”le forze armate appartengono al popolo dell’Egitto e saranno sempre allineate alla legittimità, la Costituzione e la legge”. Così come la stessa Corte ha tenuto a precisare che non ”entrera” in alcuna disputa tra parti politiche”.
Commentatori egiziani hanno subito osservato che ”domani vedremo quale sarà l’atteggiamento dei soldati che presidiano il Parlamento” – e che nelle settimane scorse avevano impedito ad alcuni deputati di entrare – quando i parlamentari si recheranno nella sede dell’Assemblea, sulla base della convocazione fatta dal presidente”, il fratello musulmano Saad Katatni.
Ad attenuare la polemica nascente, qualche fonte aggiunge che la riunione è stata convocata da Katatni per valutare da un punto di vista politico come procedere all’applicazione della sentenza della Suprema Corte riguardo al terzo dei deputati dichiarati illegittimi. Qualcun altro valuta che Morsi – a nove giorni dal suo giuramento davanti alla Corte – pur avendo deciso di riconvocare il Parlamento sciolto, ha in effetti inserito nel decreto una scadenza per nuove elezioni legislative (entro 60 giorni dall’approvazione della nuova Costituzione), lasciando una porta aperta ad evoluzioni politiche di natura diversa da quelle temute finora dai militari.
In ogni caso per martedì 10 luglio la confraternita dei Fratelli Musulmani, che sta comunque mostrando di voler esercitare tutte le azioni politiche che garantiscano un potere reale al loro presidente ed ai loro parlamentari, contrastando i tentativi dei militari di contenerne la reale portata, ha sollecitato una nuova manifestazione popolare ‘milionaria’ (è il termine usato per le grandi adunanze in piazza Tahrir, il luogo simbolo della rivoluzione che ha deposto Mubarak l’anno scorso).
Già lunedì un migliaio di appartenenti ad organizzazioni politiche laiche e forse di nostalgici del vecchio regime hanno realizzato una protesta nel quartiere di Nasr City, l’area commerciale e residenziale molto lontano dal centro politico della capitale egiziana.
Avvocati di varia estrazione hanno peraltro presentato circa 20 denunce contro Morsi per violazione delle leggi costituzionali e alcune tesi giuridiche apparentemente più ardite sostengono che il presidente potrebbe rischiare fino a tre anni di reclusione sulla base dell’articolo 323 del codice penale egiziano sul reato commesso da chi interrompe l’applicazione di una sentenza.
L’aspetto giudiziario sembra fare da bizzarro contrappeso al processo apertosi lunedì, e rinviato a settembre, contro i due figli di Mubarak, Alaa e Gamal, per aggiotaggio avendo approfittato di informazioni riservate in speculazioni nella Borsa del Cairo.