IL CAIRO – Dalla piazza Tharir del Cairo, la rivolta anti-regime egiziana ha oggi guadagnato altro terreno. I manifestanti hanno stabilito presidi anche in altri luoghi simbolo della città: davanti al Parlamento e davanti alla presidenza del consiglio dei ministri, affermando ancora una volta che non se ne andranno fino a che il presidente Hosni Mubrak rimarrà al potere. Allo stesso tempo, il vicepresidente Omar Suleiman parla di dialogo come unico viatico per la stabilità, altrimenti, un ”indesiderabile colpo di stato sarà l’alternativa, ma noi cerchiamo di evitare questa opzione”.
Il ministro degli esteri Ahmed Abul Gheit ha ammonito dal canto suo che l’esercito potrebbe intervenire per proteggere la sicurezza nazionale, se ”avventurieri” tentassero di prendere il potere. Ma i promotori della rivolta non sembrano impressionati. ”Andremo avanti fino in fondo. Non vogliamo una mezza rivoluzione. Non vogliamo alcun dialogo con il regime criminale. Ci saranno sempre più piazze Tahrir, ovunque, in tutto il Paese”, ha detto oggi all’Ansa Khaled El Sayed, uno dei dirigenti del movimento giovanile che per primo si è mobilitato per l’inizio della rivolta, organizzando la prima manifestazione della ”collera”, il 25 gennaio.
I Fratelli Musulmani, maggior gruppo di opposizione, a loro volta continuano a dire che il presidente Mubarak deve lasciare il potere ma sono invece disponibili a continuare il dialogo per la transizione, avviato la settimana scorsa. ”I veri colloqui per il passaggio dei poteri non sono ancora cominciati”, ha però affermato un dirigente della Confraternita, Essam al-Erian, aggiungendo che ancora ”c’è una lotta sull’ ostinazione di un uomo”, ovvero il presidente Mubarak. I colloqui potrebbero comunque riprendere tra qualche giorno, secondo quanto ha detto Saad al-Katatny, che ha rappresentato i Fratelli all’incontro dei gruppi dell’ opposizione con Suleiman.
Ma intanto, diventano sempre più numerose e a macchia di leopardo le manifestazioni e scioperi per rivendicare aumenti salariali o anche case popolari. Oggi ce sono state oggi in diverse città del Paese, come Alessandria, Port Said, Suez; oltre che in varie zone della capitale, dove sulla piazza Tharir erano comunque presenti ancora decine di migliaia di persone, molte della quali pronte a passare li’ la loro sedicesima notte.
E oggi ci sono state anche nuove violenze, e vittime. Nel Sud, Kharga, un’oasi in mezzo al deserto, dove per disperdere una manifestazione la polizia ha sparato, causando la morte di tre persone e il ferimento di decine d’altre. Una folla inferocita ha poi reagito dando alle fiamme diversi edifici pubblici e due stazioni di polizia.
Il rais, oggi ha invece tenuto un basso profilo, limitandosi solo a far sapere di aver ricevuto l’inviato presidenziale russo per il Medio Oriente, Alexandr Sultanov. Il suo pensiero è però emerso tramite il suo ministro degli esteri Aboul Gheit, che si è detto ”infuriato” con la prima risposta data dagli Stati Uniti sulla crisi in Egitto e ”sbalordito” per richieste fattegli dal vicepresidente americano Joe Biden di una riforma immediata della legge egiziana sullo stato d’emergenza.
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