TEHERAN – Non solo un'occasione per dare ''uno schiaffo al nemico'', come ha detto ieri la Guida Suprema Ali Khamenei, ma anche un ''obbligo religioso'' e un ''simbolo di devozione''. E' il voto per il nuovo Parlamento cui sono chiamati oltre 48 milioni di elettori iraniani: una battaglia tutta interna allo schieramento conservatore, ma il cui risultato piu' significativo – dopo le proteste dell'Onda Verde seguite alle presidenziali del 2009 – sara' dato dall'affluenza alle urne.
''Elezioni, simbolo di devozione'', titola un editoriale di Iran News, in cui si sottolinea che ''il nemico non risparmia sforzi per dissuadere la gente dal voto. Sotto l'egida della Guida, l'Iran e' riuscito a soffocare una profonda sedizione'' alle presidenziali del 2009, quando l'affluenza fu dell'85%. Nelle parlamentari del 2008 la partecipazione al voto era stata del 60%, ma stavolta, secondo gli ultimi sondaggi, oltre il 55% dei votanti avrebbe gia' deciso di votare.
Anche il sindaco di Teheran, Mohammed Baqer Qalibaf, ritiene che ''la partecipazione al voto sia un dovere religioso'', e che le mancanze dei politici non dovrebbero essere attribuite al sistema. Qalibaf, gia' candidato alle presidenziali del 2005, fa capo al composito Fronte Unito dei principalisti unificato dalla fedelta' alla Guida suprema, da tempo in rotta con il presidente Mahmoud Ahmadinejad che pur aveva sostenuto nel 2009.
Contro quest'ultimo si schierano anche la Voce della Nazione dell'autorevole conservatore Ali Motahhari, il Fronte della Resistenza-Istadegi e piccole formazioni riformiste: per lo piu' ex deputati o deputati uscenti che non hanno condiviso la scelta di non partecipare al voto della maggior parte della opposizione (i cui principali leader, Mir Hossein Mussavi e Mehdi Karrubi, sono da oltre un anno agli arresti domiciliari).
Sostengono Ahmedinejad, ma sono ostili al capo di gabinetto Esfandiar Rahim Mashaie ed alla sua ideologia tacciata di ''deviazionismo'', i candidati della lista Resistenza-Paidari. E' invece una nebulosa dai contorni incerti quella degli uomini del presidente che stanno anche con il suo controverso braccio destro. Benche' si tratti di una forza che punterebbe ad almeno 150 dei 290 seggi del Majlis, non vi e' specifica lista in cui si riconosca: il presidente e il suo gabinetto, sottolinea sempre Iran news senza altri dettagli, ''non sostiene alcun gruppo specifico o individuo candidati''.
Sta forse anche in questa scarsa riconoscibilita' di una delle maggiori forze in campo la prova di quanto la sfida elettorale sia tutta interna allo stesso gruppo dirigente. E la discriminante e' costituita proprio Ahamedinejad, non solo per le tensioni con Khamenei che dalla sua ha anche buona parte dell'apparato militare, ma anche per la politica economica del suo governo, bersagliata da molte critiche nel Parlamento uscente, che prima che il nuovo si insedi di prepara a convocarlo in aula. E Ahmadinejad sa che dall'esito del voto sara' determinato il suo futuro politico non solo per l'ultimo anno del suo mandato, fino alle presidenziali del 2013, ma anche per la possibilita' di candidare alla carica un proprio delfino.
Quanto ai criteri con cui sono stati ammessi al voto 3444 candidati sui circa 5200 che si erano inizialmente registrati, il portavoce del Consiglio dei Guardiani, Abbasali Kadkhodaei, ne ha ricondotto oggi i fondamenti alla legge: titolo di studio (universitario), eta' e fedelta' alla Costituzione della Repubblica islamica.
La campagna elettorale di quest'ultima settimana e' stata piuttosto tiepida a Teheran, e piu' intensa nel resto del Paese. In primo piano la tensione con l'Occidente per il programma nucleare iraniano (con il timore indotto negli elettori, accusano voci dell'opposizione, che uno scarso afflusso alle urne favorirebbe un attacco militare da parte di Israele). Ma anche e soprattutto l'economia, colpita dalle sanzioni occidentali e da una forte riduzione del potere d'acquisto delle classi medio-basse, colpite dalla recente e forte svalutazione del rial.
