I lavori del G20 si sono conclusi a Seul, in Corea, e i leader delle principali economie globali hanno raggiunto un “accordo a metà”, come già alcuni lo definiscono: ossia con principi generali ma niente cifre-obiettivo o sanzioni. Dalla relazione finale emerge la volontà di far passare la ripresa economica globale da regole più certe in campo finanziario e dal mercato del lavoro.
”La ripresa globale continua ad avanzare ma i rischi di inversione permangono. Siamo decisi a fare di più”. Il G20 lancia dunque ”un piano di Azione di Seul” per ”assicurare un fermo impegno a cooperare”, per ”produrre un piano con impegni politici di ciascun paese e raggiungere i tre obiettivi di una crescita forte, sostenibile, equilibrata”.
Obama: “Accordo unanime”. ”Vedrete un accordo su base unanime. C’è bisogno di una crescita bilanciata. Ed è “importante creare un meccanismo per incoraggiarla”. Il presidente si riferisce al principio passato al G20 proprio grazie agli americani secondo cui bisogna ridurre gli attivi commerciali dei paesi iper-esportatori (il riferimento più diretto è alla Cina): il problema però è che nel testo finale non ci sono né cifre-obiettivo, né sanzioni, se i surplus con l’estero continuano. Il presidente Obama ha inoltre aggiunto: ”I tassi di cambio devono rispecchiare le realtà economiche. Ne ho parlato con Hu Jintao e continueremo a parlarne. Bisogna evitare squilibri”. Il ruolo di vigile sarà affidato al Fondo monetario internazionale, anche se il Fmi non ha ancora poteri per farlo. ”La cosa più importante per gli Usa è crescere. Noi siamo il mercato globale più importante, un motore per tutti i paesi”. Così il presidente Usa Barack Obama al G20 di Seul.
Il G20 resterà ribadisce il no ”alle svalutazioni competitive”, riferimento a quei paesi che svalutano la propria moneta per incoraggiare le esportazione (ancora una volta, la Cina in primis). Il G20 affida quindi al ”Gruppo di lavoro sul framework, con il supporto tecnico dell’Fmi e altre organizzazioni internazionali”, lo sviluppo di ”linee guida indicative” da riferire ai ministri delle finanze e ai Governatori Centrali”. Una prima verifica sarà a metà del 2011.
Ok a nuove regole sulle banche e sulla finanza messe a punto dal comitato di Basilea3 e dal Financial Stability Board (Fsb). Nelle conclusioni del summit di Seul, i leader mondiali hanno ribadito la necessità che nessuna istituzione finanziaria ”dovrebbe essere troppo grande per fallire e che il contribuente non dovrebbe sostenere i costi dei fallimenti”. Il riferimento è ai colossi della finanza che nel 2008 sono invece falliti, innescando la crisi mondiale: ora i leader sono d’accordo sul fatto che anche questi grandi istituti (chiamati proprio “too big to fail”, troppo grandi per fallire) in caso di crisi devono essere salvati a tutti i costi.
”I nuovi standard – si legge nel comunicato finale – ridurranno significativamente l’incentivo delle banche ad assumere rischi eccessivi, diminuiranno la probabilità e la gravità di crisi future e creeranno un sistema bancario che potrà meglio sopportare, senza sostegni straordinari dei governi – gli stress della grandezza della recente crisi finanziaria”.
La ripresa passa dalla creazione di posti di lavoro. E’ l’impegno preso dai leader del G20 nella dichiarazione finale del vertice di Seul. ”Riconosciamo l’importanza di fare fronte alle preoccupazioni più vulnerabili – si legge nel testo – e a questo fine siamo determinati a mettere i posti di lavoro come punto centrale della ripresa e fornire protezione sociale e lavoro dignitoso, oltre che ad assicurare una crescita accelerata nei Paesi a basso reddito”.
Dal fronte Ue arrivano rassicurazioni sull’Irlanda e sulle altre economie a rischio (I cosiddetti “Pigs”, ossia Portogallo, Irlanda, Grecia e Spagna) che con un effetto a catena farebbero ripiombare l’Eurozona in una crisi profonda. I ministri delle finanze dei 5 Paesi della Ue che siedono al tavolo del G20 (Francia, Germania, Italia, Spagna e Regno Unito) hanno stilato una dichiarazione congiunta per rassicurare i mercati sulla situazione finanziaria in alcuni Paesi della zona euro, in particolare quella dell’Irlanda. I ministri sottolineando come già esiste un Fondo salva-Stati provvisorio e come si stia lavorando alla costituzione di un meccanismo permanente dalla metà del 2013. Secondo un sondaggio Reuters, due analisti su tre ritengono che Dublino sarà costretta ad appellarsi al fondo salva stati gestito da Bce-Ue-Fmi entro il prossimo anno e che il prezzo del salvataggio potrebbe aggirarsi attorno ai 48 miliardi di euro (ma i giornali irlandesi parlano di 50 miliardi).
Berlusconi evita l’incontro con i giornalisti. Il primo ministro ha preferito evitare le inevitabili domande sulla crisi politica interna, soprattutto dopo che ieri l’incontro tra Bossi e Fini si è rivelato un flop. Non appena concluso il summit Berlusconi ha lasciato il Coex Center, dove si sono riuniti i 20 leader, per dirigersi direttamente verso l’aeroporto, evitando contatti con i giornalisti. Una saletta era stata allestita per l’incontro con la stampa che sembrava imminente, tanto che un funzionario dell’ambasciata era stato incaricato di far trasferire i cronisti nell’area dedicata agli incontri con i leader. Il tutto però è stato annullato dalla telefonata che annunciava la partenza di Berlusconi per l’aeroporto.