LONDRA, GRAN BRETAGNA – Il governo britannico ha già annunciato di voler ricorrere in appello. Non poteva fare di meno: in ballo c’è niente meno che il giudizio storico – oltrechè un fiume di risarcimenti pecuniari – sul crepuscolo dell’impero di Sua Maestà.
Paulo Muoka Nzili, Wambuga Wa Nyingi e Jane Muthoni Mara potranno infatti chiedere conto in un tribunale del Regno Unito delle sevizie subite dalle autorita’ coloniali britanniche in Kenya al tempo della rivolta Mau Mau. Sul banco degli imputati, in un’aula di tribunale aperta al pubblico, si assisterà dunque , decenni dopo, all’atto finale del colonialismo.
Il procedimento, a meno di colpi di scena dell’ultimo momento, rischia di assumere i connotati del processo del secolo. Per i tre kenyani che si sono imbarcati in questa lunga battaglia legale alla Davide contro Golia – il quarto, Ndiku Mutwiwa Mutua, è scomparso prima di veder concluso il primo round – è già un successo. Nel Paese africano sono oltre 2000 gli ex ribelli Mau Mau – che nel 1952 si rivoltarono contro i latifondisti bianchi – sopravvissuti alla repressione e che ora potrebbero farsi avanti per ottenere dei risarcimenti.
“E’ una decisione storica che rimbalzerà ai quattro angoli del mondo e avrà ripercussioni negli anni a venire”, ha dichiarato il loro legale Martyn Day. “Non possiamo fare altro che sperare che il nostro governo ora faccia la cosa giusta e risarcisca i miei assistiti”. Nzili denuncia infatti di essere stato evirato, Nyingi duramente picchiato e Mara di essere stata sottoposta a ripetute violenze sessuali. Affermazioni che i legali del ministero degli Esteri non hanno smentito.
“Abbiamo sempre detto – ha spiegato un portavoce del ministero – che comprendiamo il dolore e la rabbia di chi, in entrambi gli schieramenti, è rimasto coinvolto nei sanguinosi fatti avvenuti durante il periodo di emergenza in Kenya”. Il portavoce ha poi aggiunto: “Il limite temporale abituale per un’azione civile è da tre a sei anni. In questo caso il limite è stato esteso a oltre 50 anni, nonostante il fatto che i personaggi chiave di questa vicenda siano morti e non possano dare la loro versione dei fatti. Per queste ragioni abbiamo deciso di appellarci”.
La tesi del governo, che ogni responsabilità legale per quel periodo è stata “trasferita” alla repubblica kenyana con l’indipendenza del 1963, sembra essere stata ad ogni modo bocciata dai giudici dell’Alta Corte. “Le vittime delle torture coloniali, dalla Malesia allo Yemen, da Cipro alla Palestina, leggeranno senza dubbio questa sentenza con grande attenzione”, ha sottolineato Day.
Un gruppetto di veterani Eoka – ribelli ciprioti – è ad esempio noto per aver seguito da vicino la battaglia legale dei ‘cugini’ kenyani. Secondo la Kenya Human Rights Commission, furono 90mila le persone coinvolte nella repressione. Il dato comprende sia le uccisioni che le torture o le menomazioni. Oltre 160mila persone furono incarcerate in condizioni raccapriccianti.
Le autorità coloniali, alla vigilia dell’indipendenza, distrussero la quasi totalità dei documenti compromettenti. Diverse casse zeppe di documenti vennero però trasferite nel Regno Unito e ‘seppellite’ in un palazzo del Foreign Office. L’archivio segreto del colonialismo, grazie all’azione legale dei tre keniani, è stato però ritrovato ed e’ ora a disposizione degli studiosi e dei giudici.
