Il governo israeliano conferma la costruzione di 900 nuove case a Gerusalemme Est e gli Stati Uniti si dicono “costernati” per la decisione: il via libera è stato dato il 17 novembre in barba alle pressioni americane, così 900 nuovi alloggi sorgeranno nell’insediamento ebraico di Gilo, nella zona orientale di Gerusalemme.
L’autorizzazione è stata formalizzata oggi dall’amministrazione municipale con il placet del ministero dell’Interno. Ed è stata resa pubblica poche ore dopo che, in mattinata, la Radio militare aveva svelato il fallito passo compiuto nei giorni scorsi sul premier Benyamin Netanyahu dall’emissario di Washington per il Medio Oriente, George Mitchell, al fine di ottenere uno stop del progetto.
Il provvedimento non è ancora operativo in base alla legge, che prevede di concedere un certo tempo prima dell’avvio dei lavori per consentire eventuali ricorsi legali in tribunale, ma appare ormai in dirittura d’arrivo.
Riguarda la costruzione, in cantiere da tempo, di altri 900 appartamenti (nel quadro di un più vasto progetto d’espansione pensato per circa 4.000 nuove unità abitative) attorno al rione di Gilo: che si trova all’interno dei confini municipali di Gerusalemme, ma in zone che non erano sotto sovranità israeliana prima della guerra dei sei giorni del 1967.
Secondo la Radio militare, la richiesta di Mitchell di congelarlo avrebbe lasciato «stupefatto» Netanyahu, ma senza riuscire a scuoterlo. Tanto meno a impedirgli di ribadire la volontà del suo governo di non interrompere le attività edilizie ebraiche a Gerusalemme o di affermare di non avere «alcuna veste legale» per bloccare specifici progetti.
Nelle aree ebraiche di Gerusalemme est (la parte a maggioranza araba della Città Santa, la cui annessione a Israele non è riconosciuta dalla comunità internazionale) vivono oggi almeno 200.000 persone.
La nuova amministrazione Usa di Barack Obama ha unito nei mesi scorsi la sua voce a quella dell’Ue e di altri attori internazionali per sollecitare un congelamento di questi insediamenti, così come di quelli dei territori palestinesi della Cisgiordania, popolati ormai da 300.000 coloni ebrei.
Il governo Netanyahu si è mostrato tuttavia disposto a concedere al massimo una moratoria parziale in Cisgiordania, mentre ha sempre rifiutato qualsiasi concessione su Gerusalemme est, rivendicata dall’attuale premier quale «parte della capitale eterna e indivisibile di Israele».
Gli Stati Uniti si sono detti “costernati” dalla decisione israeliana di procedere all’ampliamento del quartiere di Ghilo a Gerusalemme est. L’espressione è stata utilizzata dal portavoce della Casa Bianca Robert Gibbs.
Gibbs spiega che secondo gli Usa «in un momento in cui stiamo lavorando per rilanciare i negoziati, queste azioni rendono più difficile un successo per i nostri sforzi».
Il portavoce della Casa Bianca ricorda che la posizione degli Usa «é chiara: lo statuto di Gerusalemme è una questione legata allo statuto permanente che deve essere risolta attraverso i negoziati tra le parti».
Anche il portavoce del dipartimento di Stato Usa, Ian Kelly ha detto di ritenere che «questa azione renda più difficile il successo dei nostri sforzi. Protestiamo contro questo e contro altre pratiche riguardanti insediamenti abitativi a Gerusalemme, in particolare contro le espulsioni di palestinesi e le demolizioni di case palestinesi, che avvengono regolarmente».
«La nostra posizione su Gerusalemme è chiara – ha concluso – consideriamo che la questione di Gerusalemme debba essere risolta attraverso un negoziato tra le due parti».