ROMA – Quali saranno i leader della nuova Libia, quella del post-Gheddafi? Morto il rais, questa e' la domanda che si fanno le cancelliere arabe ed occidentali. La Libia non ha nessuna tradizione democratica e neppure una forte identita' nazionale. E' stata colonia turca e italiana, fragile monarchia filo-occidentale con re Idris, dittatura nazionalista con Gheddafi. Ma soprattutto, e' stata sempre un agglomerato di tribu', alleate o in lotta fra loro, con i cittadini che si sentivano piu' appartenenti al loro clan che libici.
Gheddafi ha provato a costruire uno stato unitario, ma alla fine ha dovuto appoggiarsi e mediare fra le tribu', in genere favorendo quelle della Tripolitania ai danni di quelle della Cirenaica. Tanto e' vero che la rivolta che lo ha abbattuto e' partita proprio da li', da Bengasi.
E ora? Vediamo quali sono le forze in campo.
NAZIONALISTI. Nel Consiglio nazionale di transizione, sono i piu' forti. Sono in genere ex uomini di Gheddafi che hanno mollato il rais all'inizio della rivolta e si sono riciclati con i ribelli. Gente come il presidente del Cnt Abdul Jalil (ex ministro della Giustizia) e l'ex braccio destro del rais (poi caduto in disgrazia) Abdul Salam Jallud (non fa parte del Cnt, ma non nasconde ambizioni politiche). Sono quelli che hanno maggiore esperienza, che conoscono meglio le leve dell'amministrazione.
ISLAMICI. Tutti gli osservatori sono concordi nel dire che la popolazione libica pratica un islam moderato e che è poco recettiva al fondamentalismo. Tuttavia, gli islamici sono presenti. Il principale capo militare del Cnt, Abdul Hakim Belhaj, è un ex combattente in Afghanistan, arrestato in Pakistan dopo l'11 settembre. Punto di riferimento per l'islam politico è il predicatore Ali Sallabi. Ci sono gruppi che si rifanno ai Fratelli musulmani e anche frange jihadiste (da Bengasi partivano molti mujaheddin per l'Afghanistan).
PROGRESSISTI. Sono i più laici e i più aperti al mercato. Hanno come riferimenti due personaggi con storie opposte: il ministro del Petrolio del Cnt, Ali Tarhuni, esule anti-Gheddafi, e il premier Mahmud Jibril, ex presidente del Consiglio economico della Jamahiriya. Molti esponenti di questo fronte sono all'estero e si preparano a rientrare in patria.
MONARCHICI. I seguaci della famiglia del deposto re Idris al Senussi non sono forti, ma potrebbero giocare un ruolo. Nel Cnt siede Ahmed al-Zubair al Senussi, 77 anni, discendente del re, 31 anni passati nelle galere di Gheddafi. Il nipote del defunto sovrano, Idris, uomo d'affari esule in Italia e a Londra, ha detto di recente che la sua famiglia non vuole il ritorno della monarchia, ma intende dare il suo contributo alla nuova Libia.
COMBATTENTI. L'esercito del Cnt è di fatto un'accozzaglia di milizie, ciascuna autonoma, poco o nulla coordinate fra loro e col comando centrale. Le più forti sono quelle di Misurata e di Zinten, ma ci sono decine di gruppuscoli, alcuni dei quali piu' vicini al banditismo che alla lotta di liberazione. Impossibile al momento dire se fra i tanti capi e capetti militari spuntera' qualche leader politico. Il problema per ora è tenere sotto controllo queste milizie e possibilmente disarmarle.
TRIBU'. Sono loro la vera anima della Libia, i veri rappresentanti della popolazione. Il futuro del paese dipenderà da come i clan si spartiranno il potere e la ricchezza petrolifera. Chi conosce la Libia, ritiene in genere poco probabile uno scenario somalo di lotte intestine. I libici sono pochi (poco piu' di 6 milioni) e c'è petrolio per tutti. Tuttavia, le ipotesi di una guerra civile o di un terrorismo diffuso all'irachena non possono essere escluse, e sono la vera incognita della Libia futura.
