
Il New York Times, che si oppone a gran voce all’uccisione dei non combattenti, è stato indirettamente coinvolto nella morte di donne, bambini e altri civili solo una settimana fa. Come riferisce Haaretz, è successo vicino a Kunduz, in Afghanistan, quando i commandos britannici e afgani hanno liberato Stephen Farrell, il giornalista del New York Times che era stato rapito: in quell’occasione diversi civili sono stati uccisi, come l’interprete afghano di Farrell.
Se il New York Times, si chiede il quotidiano israeliano, avesse saputo prima che sarebbero stati uccisi civili nelle operazioni di salvataggio, avrebbe preferito chiamarsi fuori fuori, e lasciare Farrell nelle mani dei suoi carcerieri? Che cosa scriverà, se una simile operazione sarà effettuata per liberare Gilad Shalit?
A differenza dei giornalisti, i governi e i comandanti sul campo convivono con questo dilemma ogni giorno. È facile decidere quando l’obiettivo è un battaglione di carri armati nel deserto, dice Haaretz, ma è più complesso quando una minaccia militare viene da un ambiente civile.
Il capo del Comitato d’investigazione su Gaza delle Nazioni Unite, Richard Goldstone, dovrebbe essere abbastanza intelligente, punge il quotidiano, da sapere che in realtà l’oro e le pietre non sono separati, ma sono intrecciati.
Tra l’altro proprio a Kunduz, decine di civili sono stati uccisi questo mese in un raid aereo effettuato da aerei americani che volevano dare copertura alle forze tedesche che operano sul territorio. L’incidente è ancora oggetto di indagine, ma, afferma Haaretz, si ritiene che i civili non siano morti a causa del bombardamento delle navi cisterna con carburante, sequestrate dai talebani e che potrebbero essere utilizzati come bombe mobile contro i tedeschi.
Piuttosto, si ritiene che le morti siano state causate da un’esplosione avvenuta dopo gli attacchi aerei, quando, si pensa, i civili hanno cercato di estrarre il combustibile dalle navi cisterna. Chi è colpevole in questo caso, si chiede il giornale israeliano? I tedeschi? Gli americani? I talebani? È stato un crimine di guerra?
Queste domande non hanno risposta inequivocabile. C’è Goldstone e c’è Goldstein. Un massacro effettuato da un ufficiale in uniforme come Baruch Goldstein, che ha ucciso 29 fedeli musulmani presso la Tomba dei Patriarchi di Hebron, si considera delitto di un singolo individuo, se nessuno dell’esercito ne era a conoscenza. Diventa un crimine di guerra se è autorizzato, o anche solo conosciuto in anticipo dagli altri.
Questo episodio, o quello dell’unità comandata da William Calley a My Lai, Vietnam, o l’uccisione di prigionieri, sono tutti facili da definire come assolutamente vietati. Se l’esercito non punisce questi criminali, o cerca di nascondere le atrocità, i suoi capi devono essere condannati con fermezza.
