
“Chiediamo alla Libia di avviare il negoziato per un accordo che possa garantire l’immunità diplomatica alla sede dell’organizzazione dell’Onu per i rifugiati e farla funzionare”. E’ quanto ha dichiarato il ministro degli Esteri, Franco Frattini, interpellato sulla chiusura da parte libica dell’ufficio di Tripoli dell’alto commissariato Onu per i rifugiati.
Sulla vicenda – ha spiegato Frattini conversando con i giornalisti a Berlino – “abbiamo chiesto spiegazioni. Ci è stato detto che mancava un accordo di sede finalizzato a regolare” la vicenda. Ora chiediamo alla Libia – ha ribadito – “di avviare il negoziato” per arrivare a quell’accordo mancante.
Poco prima, sempre l’8 giugno, l’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (Unhcr) aveva espresso a Ginevra “profondo rammarico” e preoccupazione per la richiesta della Libia di chiudere l’ufficio dell’agenzia dell’Onu a Tripoli.
“Speriamo che una soluzione sarà trovata”, ma “questo crea un grande vuoto per migliaia di rifugiati e richiedenti asilo già presenti e per quelli che continueranno ad arrivare”, ha detto la portavoce dell’Unhcr Melissa Fleming.
“Questa settimana abbiamo ricevuto istruzioni da parte del governo libico di cessare le nostre attività in Libia. In pratica ci è stato chiesto di chiudere il nostro ufficio”, ha detto la portavoce dell’Unhcr esprimendo l’auspicio che si tratti di una situazione “temporanea”.
La Libia, ha detto Fleming, non ha firmato la Convenzione internazionale sui rifugiati del 1951 e non dispone di un sistema nazionale di asilo e di fatto l’Unhcr è il sistema d’asilo libico.
Nella serata dell’8 giugno è arrivata la risposta della Libia: l’ufficio dell’Unhcr a Tripoli è stato chiuso perché finora ha svolto “un’attività illecita”, ha fatto sapere il ministero degli Esteri libico, che ha ricordato che “la Gran Jamahirya non riconosce l’esistenza dell’Ufficio dei rifugiati nel suo territorio perché è uno Stato non membro della Convenzione (1951) sui rifugiati, e non ha firmato alcun accordo di cooperazione con l’Ufficio dell’Alto Commissariato per i rifugiati”.
“Il Comitato generale popolare degli affari esteri e la cooperazione internazionale – si legge nella nota del capo della diplomazia libica – è sorpreso dalla questione sollevata dai media per la chiusura dell’Ufficio dell’alto commissariato per i rifugiati a Tripoli senza sapere i motivi”.
“Inoltre – prosegue la nota – è stata sollevata la questione dell’illegittimità della attività dell’Ufficio per i rifugiati a Tripoli diverse volte con il coordinatore residente dell’Undp, ed è stato anche informato il rappresentante residente della posizione della Gran Jamahiriya riguardo l’esistenza di questo ufficio, e la necessità di attuare la decisione delle autorità libiche di chiuderlo per l’ illegittimità della sua attività e la sua presenza”.
“Il Comitato desidera anche ricordare che nonostante l’assenza di un ufficio dell’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Rifugiati,ha permesso nel 2001 di nominare un rappresentante dell’Ufficio nel quadro del programma per lo sviluppo delle Nazioni e la sua presenza è stata limitata in quel periodo per risolvere un problema specifico, come è riconosciuto dall’Unhcr, ma il suo lavoro in seguito divenne illegale e violava l’accordo firmato tra la Gran Jamahiriya e l’Unhcr stesso, e ha praticato alcune attività illegali”.
“E’ sorprendente – conclude il ministero degli Esteri libico – che queste cose avvengono da parte del rappresentante di una organizzazione internazionale che deve rispettare il diritto internazionale, la sovranità degli Stati e le loro scelte”
