Israele sarebbe pronto ad arrivare ad un ”compromesso concordato” sull’estensione della moratoria per la costruzione di nuovi insediamenti in Cisgiordania. Lo ha riferito alla France Presse un alto responsabile dello Stato ebraico.
“Israele è pronto ad arrivare ad un compromesso accettato da tutte le parti sul congelamento degli insediamenti, che non potrà essere totale”, ha detto un funzionario che ha chiesto di rimanere anonimo. “Il premier Benyamin Netanyahu è impegnato nello sforzo per arrivare ad una intesa prima della fine della moratoria, che scade il 26 settembre”, ha aggiunto la fonte.
Contatti diplomatici sono in corso a Washington per la ricerca di una formula che consenta di proseguire le trattative israelo-palestinesi anche dopo la scadenza di domenica, quando terminerà la moratoria di dieci mesi nelle nuove attività edilizie ebraiche in Cisgiordania proclamata dal premier Benyamin Netanyahu (Likud).
Secondo la radio militare Netanyahu ha chiesto al suo stretto consigliere Yitzhak Molcho di restare negli Stati Uniti per cercare di mettere a punto intese.
In questi giorni si trovano negli Stati Uniti anche il capo dello Stato Shimon Peres e il ministro della difesa Ehud Barak. A quanto pare anch’essi cercano di dare il proprio contributo per evitare che, con la ripresa di lavori nelle colonie della Cisgiordania, i palestinesi annuncino la fine delle trattative.
Ieri il presidente degli Stati Uniti Barack Obama ha lanciato un appello pubblico ad Israele affinché prolunghi la moratoria. Il quotidiano filo-governativo Israel ha-Yom sostiene in un commento che questo appello non deve essere sopravvalutato e cita anche dichiarazioni del presidente dell’Anp Abu Mazen secondo cui ci sarebbe ancora spazio per una intesa. Israel ha-Yom suggerisce ”una soluzione provvisoria”: ossia la ripresa delle costruzioni a un ritmo molto rallentato in cambio, da parte palestinese, dell’impegno a ”chiudere un occhio”.
Fonti israeliane avevano giudicato il discorso del presidente Usa “equilibrato”. Critici invece i coloni israeliani, che per bocca del Consiglio (Yesha) che li rappresenta ha accusato ieri Obama “di essersi piegato alle minacce dei palestinesi”.