ROMA – Vendere armi ai Paesi che poi finanziano i terroristi del cosiddetto Stato Islamico pare non essere un problema per Finmeccanica, il cui maggiore azionista è il ministero dell’economia. “Noi parliamo con i governi di Paesi che non sono sulla lista nera. Se poi all’interno di quei Paesi ci sono persone che raccolgono denaro per finanziare l’Isis, non è un problema nostro”, ha detto Mauro Moretti, che di Finmeccanica è amministratore delegato. Le parole sono state pronunciate durante un incontro organizzato giovedì 19 novembre all’Istituto affari internazionali di Roma, a cui ha partecipato Gianluca Rosselli del Fatto Quotidiano.
Il cronista ricorda che dal 2012 al 2014 l’Italia ha venduto al Kuwait armi per 17 milioni di euro, al Qatar per 146 milioni. E da questi due Paesi, oltre che dall‘Arabia Saudita, l’Isis ha ricevuto oltre 40 milioni di dollari negli ultimi due anni.
L’ultima commessa arriva dal Kuwait, che ha chiesto 28 cacciabombardieri per 8 miliardi di euro al consorzio Eurofighter, di cui fa parte Finmeccanica. Ma per Moretti non c’è nulla di strano in questi affari: “Siamo autorizzati anche dagli Stati Uniti”, ha detto, come se fosse necessaria l’autorizzazione di Washington, che d’altra parte con Arabia Saudita e altri Paesi del golfo legati al terrorismo sunnita ha sempre fatto grandi affari.
In difesa della linea Moretti anche la ministra della Difesa, Roberta Pinotti:
“Sappiamo che all’interno di alcune nazioni arabe ci sono gruppi che raccolgono fondi per finanziare l’Isis, ma sono fazioni combattute in primo luogo da quei governi. Sarebbe come se si interrompessero i rapporti commerciali con l’Italia perché da noi c’è la mafia”.