MOSCA, 17 DIC – Pugno di ferro dell'autocratico presidente kazako Nursultan Nazarbaiev, che oggi ha decretato per 20 giorni lo stato di emergenza e il coprifuoco a Zhanaozen, citta' petrolifera di 90 mila abitanti a 150 km dal Caspio, dove ieri 11 persone sono morte e 86 (tra cui sei poliziotti) sono rimaste ferite in scontri di piazza tra la polizia e lavoratori del settore estrattivo. Una settantina di manifestanti sono stati arrestati con l'accusa di insurrezione e vandalismo.
Il dramma, il peggior episodio di violenza nella storia recente del Kazakhstan, ha macchiato il 20/0 anniversario dell' indipendenza, ha turbato l'inizio della campagna elettorale per il voto legislativo di meta' gennaio e ha accresciuto i dubbi sulla tenuta di una Paese che finora era stato considerato il piu' stabile dell'ex Urss ma che ultimamente si e' scoperto vulnerabile a scioperi e terrorismo islamico.
Il decreto, firmato da Nazarbaiev dopo una riunione del consiglio di sicurezza e pubblicato sul sito della presidenza, vieta scioperi e pubbliche proteste, restringe la liberta' di movimento intorno a Zhanaozen e limita entrata e uscita dalla citta'. Gia' ieri i servizi di comunicazioni (internet e telefonia mobile) erano stati sospesi, isolando di fatto la citta'.
Il capo dello Stato ha difeso l'operato della polizia sostenendo che non ha oltrepassato i limiti del suo potere. Ma varie ong e il partito social-democratico (all'opposizione) sostengono il contrario e chiedono un'indagine imparziale prospettando anche un bilancio di vittime piu' grave, fino a 20 morti (una cinquantina invece secondo una tv indipendente kazaka con base in Kirghizistan). ''Lo Stato impedira' con tutto il rigore della legge ogni tentativo di nuocere alla tranquillita' e alla sicurezza dei nostri cittadini'', ha ammonito Nazarbaiev, promettendo che i responsabili saranno puniti. Teatro della tragedia, la piazza principale dove erano in corso i preparativi dei festeggiamenti per i 20 anni dell' indipendenza del Paese. Migliaia di lavoratori del settore petrolifero, in sciopero da mesi per ottenere la riassunzione o condizioni di lavoro e stipendi migliori, hanno tentato di boicottare le celebrazioni.
In particolare, un gruppo di dipendenti di Ozemunaigaz Oil – una sussidiaria di KazMunaiGas, la societa' petrolifera statale kazaka piu' colpita dalle proteste insieme a Ersai Caspian Contractor, di cui e' co-proprietaria l'Eni – ha preso di mira il palco montato per l'occasione, causando l'intervendo della polizia. Gli agenti hanno aperto il fuoco sui manifestanti e negli scontri sono stati dati alle fiamme edifici amministrativi, hotel, uffici della Ozenmunaigaz Oil, auto e bancomat.
Secondo gli inquirenti, gli organizzatori della protesta erano ''banditi'' che si sono nascosti dietro gli scioperanti. Ma ieri un'altra citta', Aktau, sempre sul Caspio, sembrava essere stata contagiata dalla protesta, spenta tuttavia subito dall'intervento del procuratore locale e dalla direzione della polizia. Un duro banco di prova per il settantunenne Nazarbaiev, che finora aveva potuto sbandierare la stabilita' di un Paese ricco di idrocarburi e la pacifica convivenza tra le varie etnie presenti. Negli ultimi mesi invece si sono verificati anche attentati rivendicati dagli estremisti islamici, dopo il giro di vite del presidente in materia di liberta' religiosa, con la messa la bando della preghiera negli uffici pubblici e limitazioni all'ingresso di predicatori stranieri nel Paese, che e' a maggioranza musulmana.
