da: Il Giornale
Hamid Masoumi, giornalista e agente segreto, è un signore smilzo, con i baffetti scuri, che parla con tono garbato un ottimo italiano. E adesso che è in carcere con l’accusa di avere – sotto la copertura giornalistica – fatto la spia e trafficato armi in Italia a favore dell’Iran, i suoi colleghi della stampa estera a Roma, i portavoce della multilingue comunità dei corrispondenti nel Bel paese, cadono dalle nuvole: «Siamo profondamente scossi dalle vicende che riguardano il nostro collega Masoumi, che abbiamo sempre conosciuto come persona educata e corretta», dice il presidente della Stampa estera, Maarten van Aalderen. E persino Yossi Bar, corrispondente da Roma dell’israeliano Maariv, sembra stupito: «Masoumi manteneva rapporti amichevoli con tutti i colleghi, tutti lo rispettavano, perché è un grande lavoratore». E aggiunge però: «Anche se nessuno ha avuto modo di conoscerlo bene».
È proprio il caso di dirlo: nessuno ha avuto modo di conoscerlo bene. Almeno fino a ieri mattina, quando la Guardia di finanza lo va ad arrestare a pochi passi dalla sede della Stampa estera, a Roma, in via dell’Umiltà. Nello stesso momento, altre sei paia di manette scattano…
