ROMA – La caccia è aperta ai cento miliardi di dollari in investimenti finanziari, liquidi e immobili che appartenevano al rais libico Muhammar Gheddafi. Dopo il maxi sequestro del 28 marzo in Italia, si punta soprattutto ai paradisi finanziari offshore.
Nei soli Stati Uniti nel 2011, sottolinea Stefano Agnoli sul Corriere della Sera, i funzionari dell’amministrazione Obama hanno rintracciato conti e investimenti riconducibili a Gheddafi per 37 miliardi di dollari. Trenta miliardi di dollari sono stati ritrovati in Europa. Ma all’appello mancano, secondo le stime, almeno altri trenta miliardi, probabilmente in Medio Oriente, Asia e Africa, dove operava la Libyan African Portfolio.
Addirittura il Los Angeles Times è arrivato a stimare i beni di Gheddafi in duecento miliardi di dollari.
L’ostacolo a mettere le mani sul tesoro di Gheddafi è dato dal fatto che, sottolinea il Corriere, non sempre le ville, le auto di lusso, le quote azionarie e gli altri investimenti possono essere direttamente riconducibili direttamente ai membri della famiglia del rais o ai loro intermediari legali. Tutto è filtrato dalle società schermo nei vari paradisi fiscali.
Il Corriere sottolinea che però una fonte completa degli interessi libici in Occidente esiste. E’ stata resa pubblica da Global Witness, ed è il rendiconto del principale strumento finanziario del regime del Colonnello, cioè la Libyan Investment Authority (Lia), il fondo sovrano istituito nel 2006 per investire in attività finanziarie i ricavi della vendita di idrocarburi.
Proprio dalla vendita di energia è arrivata a Tripoli il 90 per cento del budget statale, diverse decine di miliardi di dollari. Secondo l’Energy Information Agency di Washington, nel 2010 la Libia ha ricavato 44 miliardi di dollari solo dal petrolio.
Alla fine del 2010 la Lia valeva 64 miliardi di dollari, di cui 24 di competenza di altre controllate come la Long Term Investment Portfolio (8,5) o la Lbyan African Portfolio (5,2), mentre una ventina di miliardi era affidata a depositi bancari, soprattutto nella Banca centrale guidata dal governatore Farhat Bengdara, consigliere di amministrazione di Unicredit, e un miliardo in custodia alla banca britannica Hsbc.
A livello di azioni, gli investimenti più importanti di Gheddafi erano nelle italiane Unicredit (1,3 miliardi), Eni ( 942 milioni), nella tedesca Siemens (476 milioni), nella multinazionale Pearson (370 milioni). Poi nella Rusal, nella Bayer, in Allianz e Finmeccanica. In tutto 7,2 miliardi di azioni. E poi 20,2 miliardi di depositi e lingotti d’oro forse per 6-7 miliardi di dollari. Un vero e proprio tesoro. La caccia è aperta.
