BRUXELLES – E’ scontro tra Francia e Italia sul comando della missione in Libia. E più in generale, ancora poco chiari sono i contorni del comando Nato e dell’attuazione della risoluzione Onu.
La Nato assumerà un ruolo di primo piano nella condotta delle operazioni militari in Libia per imporre una no fly-zone, ma non saranno suoi lo scudo e la bandiera della coalizione internazionale. Con questa ”quadratura del cerchio” potrebbero concludersi le discussioni fiume in corso tra i 28 alleati sul nodo del comando della missione internazionale in Libia per fare rispettare la risoluzione dell’Onu.
Ma mentre l’Alleanza registra il rientro delle divergenze con la Turchia, che da oggi partecipa alla missione per l’embargo delle armi con cinque navi e un sottomarino, la Francia continua a fare resistenze contro l’ipotesi di un ‘ombrello’ della Nato, per la quale insiste a chiedere solo un ruolo ”tecnico”.
Da parte sua l’Italia, che più di tutti ha alzato la voce per pretendere un comando unificato sotto scudo Nato, oggi porta a casa un risultato importante: a dirigere la componente marittima della missione Nato per il rispetto dell’embargo delle armi sarà il contrammiraglio italiano Rinaldo Veri, responsabile del comando navale della Nato a Napoli per il Mediterraneo.
Parigi – che ha lanciato sabato 19 marzo il primo colpo contro Tripoli – chiede che il ruolo politico sia affidato ad una sorta di ”cabina di regia” tra i ministri degli esteri dei paesi della coalizione.
Il ministro degli esteri Alain Juppé ha parlato di ”pilotaggio politico” ed ha convocato la prima riunione del gruppo di contatto dei paesi coinvolti per martedì 29 marzo a Londra. Secondo Juppé la Nato interverrà in Libia come ”strumento di pianificazione e di condotta operativa” nell’applicazione di una no-fly zone aerea.
”La Nato è pronta ad agire se e quando sarà richiesto”, ha assicurato la portavoce del segretario generale Anders Fogh Rasmusse, Oana Lungescu. ”I piani sono pronti, ma perché siano lanciati serve il consenso di tutti i 28 partner e le discussioni sono ancora in corso”.
La Nato ha ultimato i tre piani militari ed oggi è partita la missione per fare rispettare l’embargo delle armi, alla quale partecipano finora sette paesi con 16 navi. Il suo compito è di bloccare il flusso illegale di armi verso la Libia: “Abbiamo prove e rapporti di intelligence che dimostrano che questa è un’attività che continua”, ha detto la Lungescu.
Le difficoltà riguardano ora la trasformazione in missione del piano per la no fly-zone, che garantirebbe la svolta alla partecipazione della Nato e dei suoi Awacs nel teatro di crisi libico.
Oggi, 23 marzo, le forze della coalizione hanno attaccato dall’aria le forze pro Gheddafi che minacciano le città di Ajdabiya, Misurata e Zawiya. Come già successo per i raid francesi contro la caserma vicina al bunker di Gheddafi, anche questi bombardamenti hanno provocato mal di pancia tra i partner.
”Siamo in una guerra per preservare la zona di esclusione aerea. Mettersi al fianco dei ribelli per cercare di liberare delle città non appartiene al nostro mandato”, ha dichiarato il portavoce dell’esercito belga, Michel Singelé.
Le polemiche sulle modalità con le quali la coalizione sta attuando la risoluzione 1973 delle Nazioni Unite si sono moltiplicate anche con l’uso del termine ”crociata” da parte del ministro dell’Interno, Claude Gueant, per definire l’intervento alleato in Libia.
La Nato, il cui comando secondo i francesi potrebbe spaventare la Lega araba, oggi ha auspicato un’ampia partecipazione dei paesi della regione. Ma in Tunisia è stato costituito un ”Fronte nazionale per la lotta contro l’aggressione alla Libia”: un segnale preoccupante per chi vuole misurare il consenso di cui gode l’intervento internazionale.