WASHINGTON – Dopo Barack Obama, anche le Nazioni Unite si mobilitano formalmente contro il Colonnello Gheddafi, imponendo sanzioni contro il suo regime e i membri della sua famiglia. Nel giorno in cui il Consiglio di Sicurezza lavora a limare ogni dettaglio nel testo della risoluzione contro Tripoli, il segretario Generale Ban Ki Moon chiama il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi.
Con il premier, riferisce un comunicato dell’Onu, Ban ”ha discusso le opzioni disponibili per risolvere la crisi e ha chiesto il continuo appoggio dell’Italia ed un suo ruolo attivo per un’azione decisiva”. Un ruolo assicurato da Berlusconi che dal canto suo – informa in questo caso una nota di Palazzo Chigi – ”ha sottolineato il ruolo centrale dell’Onu nel promuovere una reazione efficace della comunita internazionale, sottolineando l’impegno dell’Italia a cooperare in tutti i fori multilaterali per una soluzione rapida e pacifica della crisi”.
Con Ban il premier ha inoltre ”condiviso la necessità di porre termine alle violenze sui civili e alle violazioni del diritto umanitario e internazionale, e quella di garantire un futuro di stabilità e integrità della Libia”. E proprio per ottenere questa ”azione decisiva”, porre fine alla repressione e allo spargimento di sangue nelle strade di Tripoli, i quindici del Consiglio di Sicurezza, in linea con l’Unione Europea, hanno trovato l’accordo nell’imporre l’embargo delle armi, il blocco dei beni del Colonnello e dei suoi familiari, oltre al divieto di viaggiare nell’Unione Europea. Inoltre, il Consiglio discute sul come aprire la via ad un eventuale ricorso internazionale contro il rais con l’accusa di crimini contro l’umanità . Il progetto di risoluzione prevede in particolare sanzioni dirette contro il leader, Muammar Gheddafi, otto dei suoi figli, due cugini e undici esponenti del regime di Tripoli, 22 persone in tutto.
Nel documento si impone ai 192 Paesi che fanno parte delle Nazioni Unite di ”congelare senza ritardo tutti i fondi, le disponibilità finanziarie e le risorse economiche di questi individui”. Sempre la risoluzione sancisce l’embargo delle forniture di armi, oltre a un riferimento alla Corte Penale internazionale dell’Aja, competente per giudicare i crimini di guerra contro l’umanità . Secondo i quindici, oltre a Gheddafi, primo responsabile dell’eccidio in qualità di ”comandante delle Forze Armate”, vanno colpiti anche due suoi cugini, Ahmed Mohammed Ghedaf al-Daf, artefice di ”operazione contro i dissidenti libici all’estero e coinvolto direttamente in attività terroristiche”, e Sayyid Mohammed Ghedaf al-Daf, ”coinvolto in una campagna di assassini di dissidenti e probabilmente di una serie di uccisioni in giro nell’Europa”.
Colpiti anche il capo delle Forze Armate, il colonnello Masud Abdulhafiz, il ministro della Difesa, generale Abu Bakr Yunis, il capo dell’antiterrorismo, Abdussalam Mohammed Abdussalam, oltre ad altri vertici dell’intelligence e dei comitati rivoluzionari. Secondo le ultime indiscrezioni, già da ieri ci sarebbe l’accordo di massima. Inoltre, tutti sono impegnati a far presto, in modo da rendere evidente l’isolamento internazionale del rais. Tuttavia, l’ultimo punto ancora da chiarire riguarda non la sostanza, ma i termini esatti da usare quando si parla del ricorso alla Corte Penale dell’Aja. Al momento la risoluzione recita così: ”Il Consiglio decide di riferire sulla situazione in Libia dal 15 febbraio al procuratore della Corte penale internazionale”. Pechino, però, secondo fonti diplomatiche, chiede un riferimento più generico ad una possibile ricorso della Corte.
