PRETORIA – Il mondo intero dà l’addio a Nelson Mandela. Madiba, Tata (“papà). Il suo Sudafrica ha proclamato dodici giorni di celebrazioni, con i funerali del 15 dicembre. Il suo Sudafrica che solo lui era riuscito ad unire. Non aveva chiesto la supremazia dei neri, che pure in quel Paese c’erano nati. Aveva lottato per l’eguaglianza. Anche gettandosi nella mischia, senza risparmiarsi, dal carcere alla presidenza, passando per l’attivismo terroristico. Non un santo ma un eroe. Universale: come dimostra chi lo piange adesso, da Barack Obama, primo presidente nero nella storia degli Stati Uniti d’America, a Frederik Willem De Klerk, il presidente afrikaneer che permise l’elezione di Madiba, passando per il Dalai Lama e il Papa.
Si ricordano le sue parole: pace ma mai remissività, perdonare ma non dimenticare, cadere ma mai arrendersi. Madiba non aveva scelto una vita ascetica: tre moglie e sei figli. Una grande famiglia che da mesi ha iniziato a farsi sotto per l’eredità, senza nemmeno aspettare che il “tata” fosse morto.
Alla fine, dopo 95 anni di lotta e mesi di malattia, Mandela se ne è andato per entrare nella storia, come ha detto Obama, che ha già annunciato la sua partecipazione agli eventi in memoria di Madiba.