Nella vicenda dei marò e dell’ India, il livello di approssimazione, malinteso affarismo, generale incapacità dispiegati da tutto il nostro empireo della politica lo si può misurare leggendo un articolo di Marco Ventura sul Messaggero.it.
Ci si può fermare già al titolo, che dice tutto:
“Marò, Monti boccia Terzi e decide / salvi affari per sette miliardi
“Ha pesato il ruolo del Quirinale. Torna libero l’ambasciatore”.
Ci si trova:
1. L’incredibile comportamento di Mario Monti, che prima ha sfruttato le foto dei marò trattenuti in Italia ai fini della sua campagna elettorale poi ha scaricato quel povero ministro degli esteri, Giulio Terzi di Sant’Agata, accusandolo, scrive Ventura, di gestione inadeguata.
2. La inadeguatezza di Giulio Terzi di Sant’Agata, ben visibile fin dall’inizio; se si pensa che era ambsciatore a Washington, getta una luce inquietante sul complessivo livello della diplomazia italiana, dove abbondano nobili e discendenti di gerarchi, ma del tutto inadatta al confronto mondiale.
3. Il piccolo affarismo italiano e il vizio di mascherare i proprio cedimenti dietro cifre iperboliche come se in un paese come l’ India il governo avesse la forza di bloccare traffici di quella dimensione. In india c’è un sentimento diffuso contro l’ Italia (anche se poi moltissimi dal Kerala, dove sono tanti cristiani, vengono in Italia in cerca di fortuna), che non dipende da noi ma ha origini totalmente indiane, mediato attraverso l’odio di una parte degli indiano verso la dinastia Nehru – Gandhi, di cui due esponenti, madre e figlio, Indira Gandhi e Rajiv Gandhi, sono stati uccisi da avversari politici quando occupavano la carica di primo ministro. Rajiv Gandhi ha sposato una italiana, Sonia Maino, al seguito della quale sono arrivati in India un po’ di affaristi, che hanno trovato facile terreno nella disponibilità dei Rajiv a farsi corrompere, come, a quel che si legge sui loro giornali, la quasi totalità dei loro politici. Sonia Gandhi, si vergogna tanto di essere italiana che quando un giornalista inglese le si è rivolto nella nostra lingua, che parla perfettamente, lei ha finto di non capire.
4. Il classismo implicito nel fatto che due sottufficiali per giunta meridionali non valgono un ambasciatore come Daniele Mancini, nato a Roma, scrittore, poeta, il cui ultimo libro (2012) si intitola: “L’uomo che sognava le nuvole”.
5. Il ruolo (non si possono usare aggettivi) del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano e dei suoi consiglieri, che già hanno dato brillante prova nella scelta di Mario Monti come primo ministro e che ormai, complici circostanze certo di non ordinaria amministrazione, ma sempre la nostra storia è stata di straordinaria amministrazione, hanno dato una bella spinta evolutiva alla Costituzione.
Ha scritto Marco Ventura che
“alla fine ha deciso il presidente Monti. Ma era contrariato, preoccupato e consapevole della sconfitta dell’Italia. Ne ha attribuito la responsabilità alla gestione inadeguata del ministro degli Esteri, Giulio Terzi, e l’ha detto davanti a tutti, esprimendo l’impressione generale (e l’opinione, a quanto pare, anche del presidente Napolitano). Sottotraccia invece l’ammiraglio Giampaolo Di Paola, ministro della Difesa, che aveva tanto premuto per far tornare a casa i propri uomini. Nella sala dove si riuniva il Comitato interministeriale per la sicurezza della Repubblica, il Cisr, vero e proprio gabinetto di crisi attivato durante il governo Berlusconi, ieri non c’erano semplici delegati. Tutti presenti i ministri coinvolti. Da Terzi a Di Paola, dalla Severino (Giustizia) a Vittorio Grilli e Corrado Passera (Economia e Sviluppo economico). Gli ultimi due, decisivi”.
Non servono commenti. Infatti, scrive ancora Ventura,
“l’argomentazione che ha fatto pendere i piatti la bilancia sulla scelta di ordinare ai marò il rientro in India allo scadere oggi del permesso elettorale di un mese, è stata infatti quella economica, preceduta da un fitto lavoro dei servizi d’intelligence nei giorni scorsi. In pericolo, è stato fatto notare, c’erano contratti per 7 miliardi di dollari. Sull’altro piatto della bilancia c’erano i destini personali dei due fucilieri di marina”.
Capito il cinismo? Nessuno ha mai letto, né nelle parole dei nostri ministri, né a onore del vero nemmeno in quelle dei giornali, che forse quei pescatori erano davvero pirati, o forse pescatori che pensavano, con un singolo atto di pirateria, di portare a casa quanto mettevano assieme con un anno di pesca. E la pirateria è endemica in quei mari: pescatori / pirati ne sono stati uccisi tanti dagli americani e anche dai cingalesi.
Basta leggere le cronache sulla pirateria in Somalia per sapere che all’origine della pirateria somala c’era innanzi tutto la fame e poi anche la difesa di quei mari dall’invadenza dei pescherecci giapponesi.
Ventura ricorda anche quel che tutti abbiamo capito, che dalla vicenda dei marò è venuta all’Italia
“la perdita della credibilità internazionale: tenendo a casa i marò avremmo violato uno dei principi fondamentali del diritto internazionale: pacta sunt servanda. […Ma anche] pessima la figura di un Paese che si mette da solo nella condizione di non mantenere la parola con l’India o di rimangiarsi la (propria) parola, visto che comunque avevamo annunciato con una nota verbale ufficiale che ci saremmo tenuti i marò. Un perfetto suicidio diplomatico. Tanto più che adesso i tempi della crisi, invece di accorciarsi, si allungheranno”.