David Rubinger, uno dei più conosciuti fotogiornalisti israeliani, è sempre stato un uomo di sinistra, ma l’anno scorso ha votato per il Likud di Benjamin Netanyahu e spiega così al New York Times la sua scelta: ”la sinistra vuole la pace ma non può ottenerla, mentre la destra non la vuole, ma se costretta,l’accetterà”.
Giovedi Netanyahu, il segretario di stato americano Hillary Clinton e il presidente palestinese Mahmoud Abbas cominciano i negoziati di pace diretti al Dipartimento di Stato, e la teoria di Rubinger e di tutti quelli che la pensano come lui sarà messa alla prova. Può il leader israeliano, da sempre contrario ad uno stato palestinese, ora contribuire a crearlo?
Questo è quanto Netanyahu sostiene, e cioè che solo un leader come lui, con credenziali da falco, può c0ntribuire a raggiungere la pace perchè solo un leader come lui può ottenere il consenso del suo popolo. ”E’ mia intenzione smentire critici e scettici”, ha dichiarato Netanyahu lo scorso luglio al Council of Foreing Relations di New York.
Ancor più dei suoi consiglieri, il primo ministro crede che sotto la sua guida un accordo può essere raggiunto. E non vuole affidare i negoziati a comitati di esperti, ma incontrare personalmente Abbas ogni due settimane.
”Il premier è molto più ottimista di me”, ha dichiarato al Nyt uno dei suoi principali consiglieri, ”ma ha fatto un calcolo secondo cui è pronto a raggiungere un accordo”.
Secondo funzionari americani e israeliani, un segnale di questa sua intenzione è che Netanyahu suggerisce che i colloqui siano relativamente brevi, non più di un anno. Il ministro della difesa Ehud Barak, uomo di sinistra e membro del Partito Laburista, ha dichiarato al quotidiano Haaretz: ”Se Netanyahu avvia il processo di pace, si uniranno a lui anche molti ministri di destra”.
Da parte loro i critici di Netanyau affermano che è così impegnato a sembrare un uomo di pace solo per mantenere al suo fianco l’amministrazione di Barak Obama per il problema che lo preoccupa di più: l’Iran. E non è chiaro se le condizioni per la creazione dei due-stati possano essere rese accettabili per i palestinesi.
Netanyahu ha spesso citato tre condizioni per raggiungere un accordo. Fermare il massiccio contrabbando di missili ed altre armi nello stato palestinese, riconoscimento da parte della leadership palestinese dello stato di Israele e dichiarazione ufficiale della fine del conflitto. Parlando alla Casa Bianca mercoledì il primo ministro ha detto che la terra che Israele cederebbe per la creazione di uno stato palestinesi non deve diventare ”un terzo territorio protetto dall’Iran e diretto contro il cuore di Israele’.
Abbas non accetta le condizioni di Abbas, e lui stesso ha delle richieste da fare, ovvero la fine degli insediamenti israeliani in Cisgiordania e Gerusalemme Est, e il diritto dei profughi palestinesi di ritornare alle loro case attualmente in territorio israeliano. Netanyahu ha già respinto tutte queste richieste. Stando così le cose, scrive il Nyt, le prospettive dei negoziati sono pessimistiche.
La maggioranza degli analisti ritiene che il principale interesse di Netanyahu siano buone relazioni con gli Stati Uniti, perchè il premier ritiene che il pericolo principale per Israele sia una bomba nucleare iraniana. Per prevenire l’Iran dal costruire quell’arma, o per attaccarlo se la prevenzione fallisce, il premier ha bisogno di quanto più appoggio americano ed europeo possibile, e se per ottenerlo ci vuole un accordo con i palestinesi così sia, sempre che non faciliti l’influenza iraniana in Cisgiordania tramite Hamas.
