Con l’invio di due alti funzionari a Damasco per colloqui col presidente siriano Bashar al-Assad, l’amministrazione Obama dimostra di voler seguire nuove strade per risolvere la crisi mediorientale.
L’annuncio dell’invio dei due funzionari, Daniel Shapiro, del consiglio per la sicurezza nazionale, e Jeffrey Feltman, vice segretario di stato per gli affari mediorientali, è stato dato dal segretario di Stato Hillary Clinton durante la sua visita in Israele.
L’apertura alla Siria, i cui rapporti con gli Stati Uniti sono stati finora pessimi, significa che Obama intende affrontare tre problemi mediorientali collegati gli uni agli altri: la minaccia nucleare iraniana, le tensioni tra Siria e Israele e il conflitto tra israeliani e palestinersi.
L’apertura alla Siria, rilevano gli analisti, potrebbe essere la chiave di volta della strategia della Casa Bianca.
Ricordando l’influenza della Siria nella regione, la Clinton ha rilevato che ”l’invio dei funzionari è una iniziativa che vale la pena di avviare, anche se – ha avvertito – non abbiamo idea di come saranno le nostre relazioni future con la Siria”.
A giudizio degli analisti, nel cercare un accomodamento con la Siria gli Stati Uniti potrebbero al contempo aumentare la pressione sull’Iran per contatti diretti con la nuova amministrazione, fornire una copertura agli Stati arabi ed ai palestinesi moderati per avviare negoziati con Israele, e aumentare la pressione su Hamas perché tenga a freno la sua ostilità verso Israele.
Martin Indyk, ex-ambasciatore Usa in Israele, ha dichiarato al New York Times che ”i tempi per un’apertura alla Siria sono maturi”, e che Israele troverebbe più facile trattare con la Siria piuttosto che con i palestinesi.
LG