RIO DE JANEIRO – Criticato in casa dall’ opposizione per avere temporeggiato troppo sulla Libia, il presidente degli Stati Uniti Barack Obama non raccoglie consensi unanimi neppure all’estero e deve fare l’equilibrista.
Tra gli occidentali c’è chi lo critica non essersi impegnato abbastanza contro Muammar Gheddafi, prendendo una leadership limitata nel tempo e solo poco prima dei bombardamenti contro la Libia, nella notte tra sabato e domenica.
E nel mondo arabo, il terzo fronte appena aperto dagli Usa contro un paese musulmano preoccupa non poco. Gli attacchi contro la Libia, che oggi il presidente, in visita a Rio de Janeiro, in Brasile, ha presentato come una tappa nella lotta mondiale per la libertà e la democrazia, lo obbligano in realtà a muoversi con grande prudenza su un doppio fronte.
Negli Stati Uniti, a un anno e mezzo circa dalle elezioni presidenziali del 2012, si sono levate soprattutto le voci dei leader repubblicani, primo tra tutti il suo ex avversario alle elezioni del 2008, il senatore dell’Arizona John McCain.
E’ intervenuto nel dibattito anche il capogruppo alla Camera John Boehner, chiedendo al presidente di ”spiegare meglio il ruolo dell’America” nell’offensiva libica, prima di prendere nuove decisioni da comandante in capo delle Forze Armate.
Nonostante i toni critici, le parole di Boehner potrebbero fargli gioco, visto che fino all’ultimo il presidente Usa ha evitato di prendere la leadership delle operazioni militari avviate per garantire la no-fly zone sulla Libia, come deciso dal Consiglio di Sicurezza dell’Onu con la risoluzione 1973. T
ra i democratici al potere hanno reagito negativamente i più radicali, come l’ex candidato presidenziale Dennis Kucinich, pronto addirittura a chiedere l’impeachment, ipotizzando che la decisione presidenziale di sparare un centinaio di missili da crociera contro la contraerea libica potrebbe essere incostituzionale.
Sul fronte internazionale, ha colpito la velocità con la quale Obama sembra aver cambiato idea sulla questione libica, acquisendo la leadeship delle operazioni nelle prime fasi: quelle – è vero – che difficilmente possono fare a meno dei missili e delle infrastrutture statunitensi, cioè i missili Tomahawk e il know-how nelle telecomunicazioni.
Domenica il presidente Usa non ha parlato direttamente delle operazioni in corso in Libia, nonostante il ruolo statunitense rimanga molto attivo dato che le operazioni sono condotte dal generale Carter Ham, responsabile di Africom, il comando Usa per l’Africa. Obama ha sentito per teleconferenza i principali protagonisti americani delle operazioni: dal segretario di Stato Hillary Clinton al suo collega della Difesa Bob Gates; dal responsabile per la sicurezza nazionale della Casa Bianca Tom Donilon, al capo di gabinetto Bill Daley.
Il vicepresidente Joe Biden ha dal canto suo parlato per telefono con il premier algerino Ahmed Ouyahia e l’emiro del Kuwait Sheikh Sabah Al-Ahmad Al-Jaber Al-Sabah. A Rio Obama ha detto che in queste settimane ”abbiamo visto il popolo della Libia prendere una posizione coraggiosa contro un regime determinato a brutalizzare i suoi stessi cittadini”. Parlando nel Teatro Municipal di Rio sui recenti terremoti politici in Medio Oriente e in Africa del Nord in cerca di liberta’ e democrazia, il presidente ha poi detto: ‘Oggi abbiamo visto la lotta per questi diritti in tutto il Medio Oriente e il Nordafrica.
Abbiamo visto una rivoluzione nata sul desiderio ardente di dignita’ umana di base in Tunisia’. Secondo l’inquilino della Casa Bianca, il Brasile, trasformatosi a partire dagli anni Ottanta in ”una brillante democrazia”, e’ un modello per il Medio Oriente. ”In quest’ultimo decennio – ha detto in particolare Obama – i progressi fatti dal popolo brasiliano hanno ispirato il mondo. Oltre la meta’ della popolazione viene ora considerata classe media, in milioni sono sfuggiti alla poverta’ ”.
Una catastrofe e’ stata evitata a Bengasi, la citta’ della Libia in mano all’opposizione, grazie alle prime operazioni militari di ieri in Libia. Lo ha detto a Rio de Janeiro il consigliere per la sicurezza nazionale della Casa Bianca Tom Donilon, secondo cui ”c’e’ stato un prima gamma di operazioni piuttosto buona, soprattutto su Bengasi”, secondo quanto hanno indicato i responsabili del Consiglio Nazionale Libico ai loro interlocutori Usa.
