La recente riforma del sistema sanitario continua a mettere alle strette Barack Obama, che dopo aver affrontato le resistenze politico-parlamentari, si trova ora ad avere a che fare con quelle provenienti dall’elettorato americano, preoccupato che l’ampliamento della copertura dell’assicurazione sanitaria si traduca in un aumento delle tasse, del debito pubblico e dei tempi d’attesa per visite specialistiche ed esami.
Timori fomentati dai Repubblicani, che hanno dipinto la legge come un’anticamera della bancarotta del Paese e un pericoloso passo verso il socialismo, e contro i quali Barack Obama si sta spendendo senza lesinare energie. Anche a costo di esagerare. Come è avvenuto venerdì scorso nel corso di un question time con gli operai di una fabbrica americana, durante il quale Obama ha “tramortito” gli ascoltatori con una difesa della riforma da 17 minuti e 12 secondi.
Più o meno quanto era durato il discorso del suo insediamento, ben più “comprensibile” e meno ripetitivo della risposta con cui il presidente degli Stati Uniti intendeva fugare le perplessità di Doris, una lavoratrice che gli aveva chiesto se veramente fosse «una decisione saggia quella di aumentare le tasse per finanziare il pacchetto sanitario». «Sono felice di parlarne perché su questo argomento c’è stata molta cattiva informazione e nei prossimi mesi dovrò lavorare a fondo per eliminare ogni malinteso tra la gente» ha dichiarato Obama, mettendo così in fila le prime di quelle oltre 2.500 parole che hanno travolto il suo uditorio nella ventina di minuti successivi.
Parole su cui Anne E. Kornblut del Washington Post non ha risparmiato critiche e sarcasmo, sia per gli eccessivi tecnicismi usati dal presidente sia per la lunga lista di argomenti (scandita in 7 punti) che ha usato per rispondere alla domanda della donna. Una lista, secondo la giornalista, praticamente inutile, in quanto l’unica ragione che Obama non avrebbe fatto altro che ripetere – ogni volta in modo leggermente diverso – sarebbe stata questa: «Fino alla settimana scorsa eravamo l’unico paese avanzato che lasciava senza assistenza medica 50 milioni di cittadini».
«Non si sa mai chi possa finire in quella situazione» ha continuato Obama nel suo secondo punto, sottolineando invece con il terzo come molti americani fossero comunque all’oscuro delle prestazioni realmente coperte dalle assicurazioni private. Che, spesso, si riservavano di interrompere la copertura in presenza di malati cronici o qualora sopraggiungesse una patologia particolarmente grave e onerosa dal punto di vista economico.
Nonostante qualcuno, dalla platea, avesse già sbadigliato a metà del discorso, Obama ha proseguito – sottolinea Kornblut – fino al settimo punto, menzionando come proprio principio ispiratore quello che ognuno debba avere diritto alle cure mediche. Al termine della lunga lista, il presidente si è scusato per la propria mancanza di sintesi, ma – nota la Kornblut – per restare in linea con la prolissa risposta, ha fatto anche quello due volte. Sarà che questo è un altro Paese, ma un presidente che risponde troppo approfonditamente alle domande della gente o che si scusa per aver preso la parola troppo a lungo su un tema serio e di interesse universale per i cittadini non sembra, in fin dei conti, poi così male.
