Potrebbe essere il punto di svolta nella guerra contro i talebani. Oppure rivelarsi l’ennesimo attacco contro l’Idra di Lerna della loro cupola direttiva, pronta a sostituire ogni testa tagliata con altre due. È ancora presto per valutare le conseguenze della cattura del mullah Abdul Ghani Baradar, numero 2 dei talebani afgani, sulla morale della guerriglia fondamentalista.
Quello che è certo, invece, è che a catturare il capo ribelle a Karachi siano stati gli agenti del servizio segreto pachistano, l’Isi, insieme a quelli della Cia. Un’operazione congiunta che indica un radicale cambio di atteggiamento di Islamabad, che dopo aver foraggiato per anni i talebani in Afghanistan per contrastare Kabul, sembra ora intenzionata a combatterli seriamente.
Baradar è la personalità più importante catturata dalle forze internazionali dall’inizio della guerra in Afghanistan, nel 2001. Comandante militare supremo della jihad e braccio destro del mullah Omar, da cui stando agli esperti riceverebbe ordini diretti, l’uomo, nato nel 1968 a Weetmak, un villaggio della provincia afgana dell’Oruzgan, era tra i dieci leader più ricercati della galassia jihadista. Secondo l’intelligence americana Baradar sarebbe il capo della Shura di Quetta, il consiglio direttivo dei talebani che ne riunisce gli esponenti più rappresentativi, stabilendo le linee guida della guerriglia, scegliendo i combattenti e nominando governatori ombra talebani chiamati a guidare le province e i distretti afgani. Della stessa Shura avrebbero fatto parte anche il mullah Dadullah, ucciso dalle forze Nato in un raid del 2007, e il mullah Obaidullah, ministro ombra talebano della Difesa, catturato dai militari stranieri nel marzo dello stesso anno. Gli analisti militari descrivono il mullah come un comandante di alto rango, carismatico ed esperto in tecniche di guerriglia, per anni alla guida delle operazioni della jihad nel sud e nell’ovest dell’Afghanistan. L’uomo sarebbe attualmente in custodia degli agenti dell’Isi, che lo starebbero interrogando con l’assistenza della Cia.
La cattura di Baradar in territorio pachistano, subito smentita da fonti talebane, non ha stupito i servizi segreti americani. Negli ultimi mesi un numero crescente di capi ribelli afgani ha trovato rifugio a Karachi, ex capitale del Pakistan. Nelle zone tribali lungo il confine, i talebani di Kabul possono infatti contare sull’appoggio dei fondamentalisti locali, pashtun come loro. Ma proprio questo allargamento oltre confine della guerriglia potrebbe aver fatto cambiare idea a Islamabad sull’opportunità di continuare a finanziare i combattenti islamici, che con una serie di sanguinosi attentati hanno messo in seria difficoltà l’intero Paese e il suo presidente Asif Ali Zardari.
L’operazione congiunta dell’Isi con la Cia dimostra che i massimi dirigenti pachistani sono ormai persuasi che sostenere i fondamentalisti porti più danni che vantaggi al Paese. Per questo hanno inviato ai talebani un messaggio chiaro, sottolineando attraverso la cattura di Baradar che la loro sorte è nelle mani di Islamabad. Garantendo una maggiore collaborazione a Washington, il Pakistan mira inoltre a garantirsi la possibilità di far sentire la propria voce sul futuro dell’Afghanistan, anche per contenere la crescente influenza di Nuova Delhi nel quadrante centro-asiatico.
