ISLAMABAD – La Corte suprema del Pakistan ha ordinato l’arresto del premier Raja Pervez Ashraf. L’accusa per il primo ministro è di corruzione e di aver accettato delle tangenti. La situazione di grande incertezza non migliora poi con la manifestazione del 15 gennaio promossa ad Islamabad da Muhammad Tahirul Qadri. Il leader religioso del Tehrik-i-Minhajul Quran, TMQ, ha chiesto lo scioglimento delle Assemblee nazionale e provinciali.
Una situazione difficile da gestire per le autorità pachistane, già impegnate da una settimana in un logorante braccio di ferro con l’India per i gravi incidenti nella regione del Kashmir che sono costati la vita a quattro soldati, due per parte. Qadri, che ha guidato da Lahore la ‘Marcia del milione di pachistani’, marcia che ha in realtà coinvolto circa 50.000 manifestanti, ha pronunciato davanti al Parlamento un lungo discorso contro il governo ed ha elogiato l‘esercito, a cui ha chiesto di giocare ”un ruolo importante” nella formazione di un gabinetto di tecnici che prepari elezioni generali.
A spingere ancor più le autorità pachistane nell’angolo ha contribuito anche Imran Khan, ex capitano della squadra di cricket pachistana ed ora leader del partito Pakistan Tehreek-e-Insaf, PTI, che ha preteso con forza le dimissioni del presidente Asif Ali Zardari, minacciando altrimenti di organizzare, anche lui, una marcia ‘tsunami’ su Islamabad.
Da parte sua Zardari, da giorni a Karachi, nel sud del Paese, ha convocato un vertice per esaminare l’emergenza a cui sono stati chiamati a partecipare il premier e i principali dirigenti della coalizione di governo guidata dal Partito popolare pachistano (Ppp). Per tutta la giornata del 15 gennaio, fra l’altro, sono rimbalzate voci incontrollate secondo cui il capo dello Stato si accingeva a lasciare in qualsiasi momento il paese per recarsi a Dubai in attesa di un allentamento delle tensioni.
E’ dovuto intervenire personalmente Farhatullah Babar, portavoce presidenziale, il quale ha assicurato che Zardari, incriminato con altri 15 per sospette tangenti riscosse quando era ministro dell’Acqua e dell’Energia, ”non sta andando da nessuna parte, sta servendo la democrazia da cinque anni e lo farà fino all’ultimo momento”.
Rehman Malik, ministro dell’Interno, cercando di dissipare i timori di una nuova b alla luce dell’ordine di arresto della Corte suprema, ha detto che ovviamente ”Ashraf è ancora primo ministro. Lo è – ha insistito – e lo rimarrà anche in futuro”.
Non è chiaro per ora se il premier si presenterà davanti ai giudici o invocherà una immunità costituzionale per non farlo. Non è la prima volta che partiti di opposizione chiedono le dimissioni del governo o del capo dello Stato, ma le pressioni della piazza insieme all’iniziativa del massimo tribunale contro Ashraf hanno generato timori di un piano più vasto per creare in Pakistan una crisi istituzionale dagli esiti imprevedibili.
Ne è convinto in particolare Fawad Chaudhry, consigliere del premier, il quale ha dichiarato ad una agenzia internazionale che ”non vi sono dubbi che la marcia di Qadri e il verdetto della Corte suprema sono manovrati dall’establishment militare pachistano”, come spesso avvenuto in passato.
Dal punto di vista dei numeri, la coalizione di governo è solida e, anche nel caso che Ashraf fosse costretto alle dimissioni, potrebbe facilmente far approvare dal Parlamento un nuovo candidato, come avvenuto nel giugno 2012 per l’esonero dell’allora premier Yousuf Raza Gilani.
In primavera sono previste elezioni generali che il governo sta preparando da tempo, e di cui non è ancora stata fissata la data. Se la situazione politica non dovesse ricomporsi, è probabile che la consultazione popolare potrebbe anche essere anticipata.
