ISLAMABAD, PAKISTAN – Ormai con le spalle al muro e privo dell’appoggio dell’esercito, l’ex presidente e generale Pervez Musharraf ha scelto di arrendersi e di mettersi a disposizione della giustizia. L’ex ”uomo forte di Islamabad” ha deciso di obbedire all’ordine di arresto emesso dall’Alta Corte di Islamabad e si e’ presentato ”volontariamente” davanti a un magistrato riuscendo cosi’ ad evitare l’umiliazione delle manette.
Dovra’ comparire gia’ lunedi’ prossimo davanti a un tribunale speciale anti terrorismo che lo processera’ per aver violato la Costituzione introducendo nel 2007 le leggi di Emergenza.
L’accusa e’ di ”alto tradimento” della nazione. Proprio come ha deciso il Senato (la Camera bassa e’ stata sciolta alla scadenza naturale del mandato) con una risoluzione in cui si chiede l’incriminazione in base all’articolo 6 della Costituzione (tradimento). Nel frattempo Musharraf, 69 anni, tornato dall’esilio per partecipare alle elezioni dell’11 maggio, e’ stato messo agli arresti domiciliari per due giorni.
Tuttavia, per un giallo che non e’ stato chiarito, non potra’ stare nella sua ”farm house”, la villa di campagna di Chak Shahzad, come era previsto. Alcune ore dopo che era tornato nell’abitazione, la polizia si e’ di nuovo presentata alla porta per condurlo al quartiere generale della polizia dove e’ stato interrogato da un team speciale e poi trasferito in una ”guest house” in attesa dell’udienza di lunedi’.
E’ la prima volta che il Pakistan, un Paese che e’ stato governato da generali per la maggior parte della sua storia, processa un militare. Le forze armate, insieme ai potenti servizi segreti militari dell’Isi, hanno avuto un ruolo predominante fin dall’indipendenza del 1947 dopo la spartizione del subcontinente indiano. Musharraf era salito al potere nel 1999 con un ”golpe bianco” dopo aver esautorato l’allora primo ministro Nawaz Sharif, poi tornato dall’esilio e ora a capo dell’Opposizione.
Dopo quattro anni di confino ”dorato” a Londra (e Dubai), in cui ha scritto un libro di memorie e partecipato a prestigiose conferenze, Musharraf ha deciso di ritornare in patria ”per salvare il Paese” come disse al suo rientro a Karachi lo scorso 24 marzo.
Il suo ritorno era stato accompagnato dalle minacce dei talebani ”di mandarlo all’inferno” ed e’ per quello che e’ protetto da un massiccio dispiegamento di sicurezza. Ma per lui, il rischio maggiore non sono stati gli estremisti islamici, ma gli stessi giudici che nel 2007 avevano guidato la rivolta popolare che lo costrinse alle dimissioni e poi a lasciare il Paese. Secondo alcuni analisti, aveva ricevuto la garanzia da parte degli Stati Uniti e dell’Arabia Saudita che non sarebbe stato arrestato e che il governo del rivale Asif Ali Zardari gli avrebbe permesso di partecipare alle elezioni.
Ma evidentemente ha fatto male i suoi conti. In un comunicato l’ambasciata americana di Islamabad ha preso le distanze dalle vicende giudiziarie del generale che dopo l’11 settembre volto’ le spalle ai talebani afghani per passare al fianco di Washington. ”E’ un caso – si legge – che deve essere trattato nel rispetto della Costituzione e delle leggi pachistane”.
