
BEIRUT, LIBANO – Da settimane la terza citta’ siriana di Homs e’ sotto il fuoco dell’artiglieria governativa e le Nazioni Unite denunciano inutilmente crimini contro l’umanita’, mentre il rappresentante siriano al Palazzo di Vetro continua ad accusare i terroristi di esser responsabili della morte di migliaia di siriani nell’ambito di un complotto straniero a cui partecipano Arabia Saudita e Qatar.
Dopo la proposta della Lega Araba di inviare in Siria una forza Onu di mantenimento di pace, Mosca, alleata di Damasco, ha risposto che prima di tutto bisogna raggiungere il cessate il fuoco tra le parti, cosa che allo stato dei fatti è impossibile. Sul terreno, gli attivisti siriani documentano l’uccisione di 11 persone in varie localita’ del Paese ma il bilancio non tiene conto delle vittime di Homs. Secondo il rappresentante a Damasco presso il Comitato Internazionale della Croce Rossa (Cicr) Saleh Dabbake, intervistato dalla Reuters, a Homs ”la situazione e’ diventata sempre piu’ violenta. le strade sono vuote, la gente non puo’ andare a comprar cibo. Persino trovare il pane e’ un problema”.
Per Navy Pillay, alto commissario dell’Onu per i diritti umani, gli attacchi continui e sistematici contro la popolazione civile altro non sono che crimini contro l’umanita’. Per il rappresentante del Cicr in Siria il quartiere piu’ colpito e’ Bab Amro. ”Ci sono morti e feriti dappertutto, ma nessuno conosce le cifre reali”, ha detto Dabbake, ricordando l’operazione di evacuazione di un’ottantina di persone nei giorni scorsi dal quartiere Inshaat, confinante con Bab Amro, dopo che l’esercito governativo ha concesso un cessate il fuoco di cinque ore.
Secondo i Comitati di coordinamento locali, tra gli undici uccisi recenti documentati dagli attivisti, quattro provengono dalla cintura periferica di Damasco, tre dalla regione di Homs, due da quella di Aleppo e uno ciascuno da Idlib e da Daraa. L’agenzia ufficiale Sana dal canto suo riferisce di funerali di 19 tra militari e agenti uccisi in date non precisate nelle regioni di Damasco, Homs, Aleppo e Idlib. La Sana fornisce le generalita’ degli uccisi ma non parla di vittime civili.
Sul vago rimane anche Ibrahim Jaafari, rappresentante siriano all’Onu, che rispondendo alla Pillay ha oggi ricordato l’uccisione da parte di non meglio precisati terroristi di ”migliaia di siriani”. Jaafari ha criticato il rapporto dell’Alto commissariato Onu per i rifugiati, affermando che si basa su informazioni mediatiche manipolate e che non tiene invece conto dei crimini commessi dai terroristi inviati dall’estero. Jaafari ha accusato ”i Paesi del Golfo” come ”parte del problema”, ribadendo che il governo di Damasco continuera’ a lottare contro il terrorismo per proteggere la sicurezza e la stabilita’ del popolo siriano.
E dopo l’appello del leader di al Qaida Ayman al-Zawahiri a favore della jihad in Siria, gli attivisti siriani anti-regime in patria hanno respinto con forza le sue dichiarazioni. ”Ribadiamo – hanno detto – che la nostra gente lotta per ottenere liberta’ e dignita’ e per costruire uno Stato nazionale democratico in cui tutti i cittadini saranno uguali e che difendera’ i diritti legittimi nazionali, mantenendo relazioni regionali e internazionali basate sulla cooperazione e il rispetto reciproco”.
Dal canto suo il ministro degli esteri russo Serghiei Lavrov ha definito fantasiosa la tesi del complotto straniero contro il presidente Bashar al-Assad affermando che i ”i gruppi armati che si oppongono alle forze del regime non sono agli ordini di nessuno e sono fuori controllo”.
”Un’aggressione odiosa e imperdonabile contro il suo stesso popolo”: cosi’ il portavoce della Casa Bianca, Jay Carney, ha definito gli ultimi tragici fatti di sangue in Siria ad opera del regime. Quindi, ha ribadito che gli Stati Uniti continuano a pensare che ”ci sia spazio per una soluzione politica”.
Per questa ragione, ha aggiunto Carney, la Casa Bianca sta lavorando assieme ai suoi partner della comunita’ internazionale dei ‘Friends of Syria’ per aiutare ad andare avanti su questa strada, che passa attraverso la pressione e l’isolamento nei confronti del regime di Assad. ”Orientarsi verso una ulteriore militarizzazione della Siria – ha proseguito Carney – rischia di portarci su un cammino di maggiori pericoli e caos”.
