
BEIRUT, LIBANO – La Siria esulta come se avesse ottenuto una vittoria militare e sbeffeggia il presidente Barack Obama parlando di “ritirata storica” e di Stati Uniti “ridicolizzati” dopo l’annuncio di voler chiedere al Congresso l’autorizzazione per un attacco. E mentre a Damasco si tira per il momento un sospiro di sollievo, il presidente Bashar al Assad assicura che continuerà quella che chiama “la lotta contro il terrorismo”.
Intanto è salito a oltre 110.000 uccisi il bilancio del conflitto a partire dal marzo 2011, secondo l’ong Osservatorio nazionale per i diritti umani in Siria (Ondus). Oltre 40.000 sono civili – compresi 5.833 bambini – quasi 20.000 ribelli e piu’ di 45.000 membri di forze governative e milizie filo-regime. Almeno 171, secondo l’ong, sarebbero i miliziani del movimento sciita libanese Hezbollah morti mentre combattevano al fianco delle forze lealiste.
Ma anche tra gli insorti vi sarebbero molti jihadisti stranieri. Solo ieri altre 70 persone sono state uccise nelle violenze, ha affermato l’Ondus, che riferisce anche la notizia di due bambini di 3 e 7 anni morti per malnutrizione a causa dell’assedio delle truppe lealiste a Muaddamiya, uno dei sobborghi di Damasco colpiti dal bombardamento chimico del 21 agosto secondo gli oppositori.
La Coalizione delle opposizioni siriane ha cercato di contenere la sua delusione per il mancato intervento diretto degli Usa e ha fatto appello al Congresso perche’ approvi la proposta di Obama. Ma ha aggiunto che ad un attacco deve accompagnarsi la fornitura di armi all’Esercito libero siriano, una mossa “cruciale per contenere Assad e mettere fine alle uccisioni”. Sull’altro fronte il vice ministro degli Esteri siriano, Faysal Moqdad, ha invitato i parlamentari Usa a dare “prova di saggezza” opponendosi ai raid. Ma nelle sue prime reazioni al discorso di Obama, Damasco si e’ fatta beffe del presidente americano. ”Che si tratti solo di un rinvio o di un dietrofront”, l’atteggiamento dell’amministrazione Usa ”e’ diventato ormai oggetto di sarcasmo da parte di tutti”, ha detto il vice premier Qadri Jamil, affermando che e’ stata la determinazione siriana a rispondere ad un attacco che “ha sventato l’aggressione”.
L’ambasciatore siriano alle Nazioni Unite, Bashar al Jafari, ha invece spiegato la situazione dicendo che l’inquilino della Casa Bianca si e’ “arrampicato fino alla cima dell’albero e adesso non sa come scenderne”. Secondo Jafari, dunque, Obama “ha fatto bene a rivolgersi al Congresso” perche’ è cosi’ che anche il primo ministro britannico David Cameron “e’ sceso dall’albero”. Per Assad, invece, “le minacce americane non indurranno la Siria ad alterare i suoi fermi principi e non le faranno dimenticare la lotta contro il terrorismo, che e’ sostenuto da Paesi stranieri, in cima ai quali ci sono gli Stati Uniti”. “La Siria, con la fermezza del suo popolo e la sua unita’ con l’esercito, è in grado di far fronte a qualsiasi aggressione straniera”, ha aggiunto Assad.
Il presidente siriano ha incontrato Alaeddin Borujerdi, il presidente della commissione Sicurezza Nazionale e Politica Estera del Parlamento iraniano, venuto a ribadirgli il sostegno di Teheran. “Ogni aggressione fallirebbe e si ritorcerebbe contro i Paesi che l’hanno iniziata, i grandi perdenti saranno gli Stati uniti e i loro agenti, in particolare Israele”, ha detto Borujerdi. Ma da Teheran giungono parole piu’ misurate. Commentando la decisione di Obama di rivolgersi al Congresso, la nuova portavoce del ministero degli Esteri iraniano, Marzieh Afkham, ha osservato che “non ci sono vincitori ne’ vinti”. “Piuttosto – ha aggiunto – con un esame realistico ogni avventurismo va evitato per attenuare la crisi nella regione”.
