
CITTA’ DEL CAPO, SUDAFRICA – Magnus Malan, uno dei più accaniti e spietati difensori dell’apartheid, la segregazione razziale in Sudafrica, è morto nella sua casa di Città del Capo per un collasso cardiaco. Aveva 81 anni.
Generale dell’esercito e ministro della difesa negli anni ottanta, Malan ha fatto di tutto per mantenere il sistema razzista sudafricano mentre si facevano sempre più insistenti le pressioni internazionali per la liberazione di Nelson Mandela e la fine dell’apartheid.
Malan soleva definire ”offensiva totale” le minacce contro il governo di Pretoria, che attribuiva ai comunisti ai Paesi africani vicini ed agli ambienti progressisti negli Stati Uniti. La sua risposta è stata una ”strategia totale” che includeva iniziative politiche, economiche, psicologiche e militari.
Ha approvato e sostenuto movimenti di liberazione nei due Paesi confinanti col Sudafrica, il Mozambico e l’Angola; ha organizzato un gruppo segreto responsabile di disinformazione e assassinii; ha inviato truppe dell’esercito per reprimere le rivolte nelle cosiddette township, dove erano costretti a vivere i neri in condizioni di estrema povertà; ha dichiarato che i diritti e le libertà politiche ai neri non interessavano.
Malan e i suoi collaboratori per difendere l’apartheid usavano comunemente le espressioni ”annientare” e ”sterminare”. Ha anche approvato piani di guerra biologica.
Con l’avvento del presidente F.W. de Klerk nel 1989, che ha avviato la fine dell’apartheid, fu rimosso dal ministero della Difesa e trasferito a quello delle Risorse Idriche e Forestali. Malan lascia la moglie Magrietha, con cui è stato sposato 49 anni, due figli, una figlia e nove nipoti.
