I carabinieri di Monreale hanno trovato circa 200 mila euro in contanti a casa della moglie di Giovanni Brusca. L’ex boss, ora pentito, è indagato per riciclaggio, tentata estorsione aggravata e intestazione fittizia di beni.
La casa della donna, che vive col figlio in una località segreta ed è sottoposta al programma di protezione, è stata perquisita dai militari che sospettano che l’ex capomafia abbia accumulato un vero e proprio tesoro, sottraendolo agli inquirenti con intestazioni fittizie a prestanomi. Perquisite anche la cella di Brusca e le abitazioni dei cognati e di conoscenti, in tutto una decina di persone, dove sarebbe stati trovati documenti che gli investigatori giudicano ”importanti”.
Brusca sarà interrogato nel pomeriggio di venerdì 17 settembre dai magistrati di Palermo. Oltre all’intestazione dei beni a prestanomi, che risalirebbe a prima dell’arresto, e al reato di riciclaggio, gli inquirenti gli contestano un tentativo di estorsione. In una lettera scritta dal carcere di Rebibbia in cui è detenuto, il pentito avrebbe chiesto un ”favore” a un conoscente minacciandolo di rappresaglie, se non avesse obbedito: ”Ti rompo la testa” avrebbe scritto.
Sarà la commissione pentiti del Viminale, valutati gli esiti dell’inchiesta, a decidere, ora, le sorti dell’ex capomafia di San Giuseppe Jato. Qualora venissero confermati i sospetti degli investigatori e fossero provati i reati contestati e le violazioni al programma di protezione Brusca potrebbe anche esserne estromesso.
