L’annuncio del ministro degli Esteri tunisino ha il sapore di una resa: un governo di unità nazionale in Tunisia è ”del tutto fattibile” ed ”anche normale”. Dopo giorni di dure proteste, che hanno lasciato complessivamente 66 morti sulle strade, il presidente Ben Ali ammorbidisce la linea politica avuta finora. Il bilancio delle vittime continua a salire e va aggiornato di giorno in giorno: solo negli scontri del 13 gennaio a Tunisi sono morte 13 persone.
In un prossimo futuro il governo dovrebbe aprire a Mohammed Nejib Chebbi, capo storico del Partito democratico progressista (Pdp), una formazione di opposizione legale, ma non rappresentata in parlamento. Lo stesso Chebbi ha benedetto l’ipotesi: “E’ necessaria per evitare un bagno di sangue”, ha detto.
La nuova strategia del governo arriva all’indomani della dichiarazione del presidente Ben Ali di non ripresentarsi alle prossime elezioni del 2014. Ben Ali, al suo sesto mandato, è al potere dal 1987. Il presidente ha anche parlato della volontà di rivedere l’attuale legge elettorale: “Siamo tutti responsabili per riportare la pace e la sicurezza e per guidare il Paese verso un’epoca migliore”, ha detto in un discorso alla nazione.
Le proteste però non si fermano e la gente continua a scendere in strada contro il rincaro dei prezzi degli alimenti e la disoccupazione dilagante. A Tunisi alcuni testimoni parlano di spari di armi da fuoco nei pressi del ministero dell’Interno dove è in corso una manifestazione. Poco prima sarebbero stati lanciati lacrimogeni e anche delle granate nella stessa zona.
La manifestazione sarebbe degenerata quando davanti al ministero è passato un furgone che trasportava il cadavere di un ragazzo ucciso la sera prima durante gli scontri. Il corpo era nel furgone sul tetto del quale c’era un suo amico con un mazzo di fiori, hanno raccontato i presenti.A quel punto la polizia ha iniziato a lanciare i lacrimogeni e l’aria è diventata irrespirabile. Secondo gli amici di Helmi, il giovane è stato ucciso da un tiratore scelto in abiti civili.