Tutti i prigionieri politici sono stati rilasciati. Un segnale di cambiamento dopo oltre vent’anni del regime di Ben Ali? Il nuovo governo tunisino, qualsiasi sarà la sua composizione, è adesso al banco di prova per ribaltare una realtà tanto dolorosa quanto incancrenita nell’anima del Paese. A partire dal modo in cui verranno affrontate le “morti sospette” nei disordini della rivolta.
Sono più di 100 le persone rimaste uccise nelle violenze in Tunisia nelle ultime cinque settimane, secondo l’Onu. ”Una cifra verosimile”, conferma Denis Robiliard a capo della delegazione di Amnesty International giunta nel Paese lo scorso venerdì proprio per raccogliere informazioni e testimonianze su morti e repressione durante la protesta. E quella della liberazione dei detenuti politici ”è una buona notizia”, dice.
Ma il lavoro sulla Tunisia parte da lontano: ”Dai tempi di Habib Bourghiba, predecessore di Ben Ali, oltre cinquant’anni in tutto: ”La violazione dei diritti umani in questo Paese è caratterizzata dalla contraddizione nel fatto che esiste una Costituzione che contempla i diritti umani, esistono le leggi, che però nella pratica non vengono applicate. Non esiste un processo giusto. Per le accuse di terrorismo, o per i sospetti di torture, non vengono condotte vere inchieste”.
”I dati a disposizione sono solo una piccola parte – spiega ancora Robiliard – Crimini sono stati commessi, i responsabili devono essere puniti e a questo scopo ci sarebbero anche gli strumenti, come la Corte Penale Tunisina”. Anche per gli attivisti tunisini è difficile fornire cifre esatte sull’entità della repressione: ”Al momento ci sono quattro o cinque giornalisti in prigione (uno è stato liberato oggi: Fahem Boukadous era stato accusato di aver diffuso informazioni false), ma sono fino a 1500 i giovani in carcere ingiustamente condannati per terrorismo – spiega Sihem Bensedrine, che oltre ad essere la direttrice di radio Kalima è da sempre un’attivista per i diritti umani in Tunisia. ”Sotto il regime di Ben Ali sono state fino a 20.000 le persone arrestate, picchiate, perseguitate.”.
Una svolta vera è quella che si augura anche secondo Radhia Nasraoui, avvocatessa nota nel Paese per aver difeso dissidenti ma anche integralisti islamici, secondo cui la vera sfida è arrivare al ”rispetto dei diritti per tutti”. ”Anche per Ben Ali deve essere processato e giudicato, come vorremmo che tutti i tunisini venissero giudicati: tramite un processo giusto”, e in Tunisia, secondo Nasraoui.
“Io non sono d’accordo con gli islamisti – spiega – ma li difendo perché non voglio che nessuno venga represso per la sue opinioni”. ”Noi non abbiamo mai vissuto in una democrazia – continua Radhia – sia sotto Bourghiba che sotto Ben Ali ci sono state torture, maltrattamenti, processi ingiusti. Sarà molto difficile cambiare le cose in maniera profonda. C’e’ bisogno di un gran lavoro”.