TUNISI – La storia corre in fretta in Tunisia e lunedi', a poco piu' di cinque mesi dalla caduta del suo regime, Zine El Abidine Ben Ali andra', virtualmente, alla sbarra. Virtualmente perche' lui, l'ex dittatore che per 23 anni ha regnato sulla Tunisia insieme alla sua rapace famiglia, non ci sara': e' in Arabia Saudita dai giorni immediatamente successivi alla sua poco gloriosa fuga dal Paese e quindi sara' giudicato in contumacia.
E l'Arabia Saudita, che gli ha concesso benevolo asilo, non ha dato certo l'impressione di volerlo rispedire nel Paese che lo sta mandando sotto processo. Ma la giustizia tunisina si sta muovendo e sta riempiendo di fatti e richieste il dossier per la sua estradizione dal Regno petrolifero che sara' a breve inoltrato al governo di Riad. E si muove anche la giustizia militare (quella piu' temibile perche' puo' infliggere condanne capitali) che vuole mettere sotto accusa Ben Ali per le decine di morti nei giorni della ''rivoluzione'', dando anche la caccia ai cecchini che, dai tetti, fecero strge sparando sulla folla in tumulto e uccidendo anche chi con la rivolta non c'entrava per nulla, come nel caso di una bimba che era nella braccia del padre.
Quello di lunedi' sara', in assoluto, il primo procedimento che arriva in un'aula di giustizia e riguarda il ''tesoro'' trovato nel palazzo presidenziale di Cartagine, eletto a reggia della ''famiglia reale'' di Ben Ali: soldi, tanti (oltre 27 milioni di euro in diverse valute), gioielli, preziosi (solo lunedì si conoscerà il loro reale valore), armi, poche (si ha notizia di un mitra e forse di un fucile), droga, sembra in modica quantità.
Accuse che, se i giudici – come un intero Paese in fibrillazione s'aspetta – avranno la mano pesante, potranno comportare condanne sino a un massimo di 20 anni (5 anni il minimo). Pena che rischia anche la moglie di Ben Ali, Leila Trebelzi, in Arabia Saudita con marito e figli più piccoli e, quindi, anche lei (letteralmente odiata dai tunisini) processata in contumacia. Ad oggi non si sa se Ben Ali riuscirà a fare costituire, come suo difensore, l'avvocato francese, Jean-Yves Le Borgne, che, nelle ultime settimane, gli ha fatto da megafono per attaccare l'inchiesta e le modalità di acquisizione delle prove, irregolare a detta dell'ex presidente e che quindi renderebbe nullo il processo. Comunque, accogliendo la richiesta del presidente del tribunale di prima istanza di Tunisi, l'ordine nazionale forense ha nominato due difensori d'ufficio, tra cui il segretario generale dell'organo di rappresentanza della professione. Pur accreditando i due avvocati della massima velocità nel leggere la massa di documenti che compongono il fascicolo processuale e di una enorme bravura per individuarne le pecche, appare un po' difficile pensare che, essendo intervenuta la loro nomina appena giovedì sera, abbiano il tempo di prepararsi al meglio. Comunque, tutto e' rimandato a lunedì, una giornata che e' attesa, spasmodicamente, da un Paese intero. Al punto tale che si e' anche svolta una riunione a livello ministeriale per cercare di organizzare al meglio la presenza dei giornalisti in aula, e, quale che essa sarà, ben difficilmente potrà accogliere tutti quelli che intendono essere presenti.
