
WASHINGTON, STATI UNITI – Golpe o non golpe? Per il momento gli aiuti economici all’Egitto non sono in discussione. La Casa Bianca lo ha ribadito con forza, replicando cosi’ alle critiche di chi vorrebbe tagliare il flusso di 1,5 miliardi di dollari che ogni anno Washington versa nelle casse del Paese africano. ”E’ una situazione complessa, e’ difficile dire se in Egitto ci sia stato o meno un colpo di Stato”, si giustifica il portavoce presidenziale, Jay Carney. Invitando l’esercito alla moderazione e ad evitare rappresaglie, arresti indiscriminati e il ricorso alla censura.
Ma i dubbi del presidente Barack Obama crescono. Il dilemma e’ tra continuare a sostenere quella che dovrebbe essere una transizione guidata dall’esercito, con il quale gli Stati Uniti hanno da lungo tempo solidi rapporti, scongiurando cosi’ che la situazione finisca in mano ai gruppi dell’islamismo piu’ estremo, oppure accettare l’idea che cio’ che sta succedendo in questi giorni in Egitto e’ un qualcosa che assomiglia molto ad un golpe.
Il rischio per il presidente Obama e’ quello di rimanere in un limbo, e di esporsi sempre piu’ alle critiche di chi lo accusa di aver scelto una linea ”eccessivamente passiva”, dimostrando ancora una volta – puntano il dito in molti – la sua mancanza di leadership nell’ambito delle crisi internazionali, dalla Siria in poi. ”Non c’e’ dubbio che e’ stato un golpe, ed e’ la seconda volta in due anni e mezzo che in Egitto vediamo i militari salire al potere”, attacca il senatore repubblicano John McCain, ex candidato presidenziale, che invita Obama a staccare la spina: ”Deve sospendere gli aiuti fino a che in quel Paese non ci saranno una nuova costituzione e libere elezioni”.
Per ora il presidente americano ha solo ordinato ai suoi consiglieri di sondare le varie ipotesi, di determinare se ci sono le condizioni di legge per tagliare la cifra di 1,5 miliardi di dollari l’anno (di cui 1,3 miliardi vanno proprio all’esercito egiziano). Perche’ e’ proprio la legge che prevede questa possibilita’, se il Paese beneficiario degli aiuti depone un leader democraticamente eletto. E Mohamed Morsi era stato democraticamente eletto, al termine di una ‘primavera’ egiziana ampiamente appoggiata dalla Casa Bianca.
Questo e’ quello che di piu’ imbarazza Obama. ”Il presidente ha fatto poco o niente per mettere sotto pressione a Morsi affinchè la facesse finita con le sue pratiche anti-democratiche. E questo potrebbe aver favorito la nuova crisi”, scrive sul Washington Post Robert Kagan, esperto di questioni mediorientali del Brookings Institution di Washington. Accusando la Casa Bianca di non aver esercitato la sua enorme influenza, facendo leva proprio sui soldi che potrebbero essere tagliati al Cairo, compresi quelli del Fondo monetario internazionale.
Palese l’incertezza del capo della Casa Bianca se si valuta la chiara dichiarazione del suo portavoce Jay Carney. ”Noi riteniamo che al momento non sia nel miglior interesse degli Stati Uniti rivedere gli aiuti”, ha precisato, spiegando come la Casa Bianca si consultera’ comunque col Congresso. Ma per Obama, non c’e’ dubbio, sono ore difficili.
