WASHINGTON, STATI UNITI – Il presidente Barack Obama vince la battaglia del taglio delle tasse alla classe media e si rallegra per il persistente caos che sconvolge il partito repubblicano, con l’ex-senatore della Pennsylvania Rick Santorum, un potenziale avversario –Â ma da molti giudicato troppo debole per la conquista della Casa Bianca – che dopo alti e bassi ora guida i sondaggi.
Dopo una battaglia di settimane, il presidente e’ riuscito a strappare ai repubblicani il via libera alla proroga di un provvedimento che assicura uno sconto fiscale di 40 dollari a circa 160 milioni di americani. A seguito di un lungo tergiversare, il Grand Old Party (Gop) e’ stato costretto a dire di si’, dopo che per settimane aveva fatto la voce grossa, minacciando un veto, in assenza di tagli alla spesa.
Ma stavolta Obama ha tenuto duro, e alla fine ha avuto la meglio. Sapeva di aver praticamente messo nell’angolo la destra: se i repubblicani avessero insistito con i loro no, sarebbero passati per i difensori dei superricchi e i nemici giurati del ceto medio. Un lusso che nessuno, nemmeno gli ultra-conservatori fiscali, i paladini dello stato minimo, si possono permettere in pieno anno elettorale.
Cosi’, dopo aver postato un video sul sito della Casa Bianca, Obama incassa il risultato pieno. E piu’ tardi, esprime cosi’ la sua soddisfazione: “Finalmente il congresso ha cominciato ad ascoltare la voce degli americani. Ha capito cosa deve fare. E’ una buona notizia, ma come tutti sanno, sino a quando non firmo la legge, con Washington nessuno può stare tranquillo”.
Ma le buone notizie per Obama non finiscono qui: secondo diversi sondaggi Santorum continua la sua rimonta su Mitt Romney, che resta il favorito alla nomination ma sta vivendo un momento di difficolta’. Dopo la caduta di martedi’ scorso, quando e’ stato duramente sconfitto in tre stati, Colorado, Minnesota e Missouri, l’ex governatore del Massachusetts si trova a inseguire per la prima volta Santorum al livello nazionale, con una popolarita’ pari al 28%, due punti sotto l’avversario.
La lotta tra di loro fino a poco tempo fa tempo fa sembrava impari, con Romney largamente in testa. Oggi invece e’ piu’ aperta che mai. E tutto lascia pensare che la battaglia intestina all’interno del Grand Old Party continuera’ ancora a lungo. Esattemente la prospettiva migliore per Obama, che avra’ ancora piu’ tempo per girare il Paese, prima di doversi difendere dagli attacchi di colui che sarà il suo futuro avversario per la Casa Bianca.
La caduta di popolarità di Romney conferma quanto gli analisti vanno dicendo da tempo: è troppo moderato per la gran parte dell’elettorato repubblicano, fermamente arroccato a destra. Così, allo stato dei fatti, quando mancano due settimane alle primarie del Michigan e dell’Arizona gli analisti delineano i tre scenari che porterebbero alla vittoria finale di Rick Santorum o Newt Gingrich.
Prima ipotesi: Santorum vince in Michigan il 28 febbraio e va bene al SuperTuesday, il super martedi’ quando il 6 marzo si voterà in svariati stati. Il Michigan non assegna molti delegati, appena 30. Tuttavia vincendo in Michigan l’ex senatore della Pennsylvania darebbe continuita’ al trionfo in Colorado, Missouri e Minnesota. Inoltre umilierebbe Romney a casa sua, nello Stato in cui il padre George fu governatore e dove lui stesso e’ nato e cresciuto.
Sarebbe soprattutto il viatico ideale per il super martedi’ del 6 marzo. Se quel giorno Santorum riuscisse ad aggiudicarsi due tre dei grandi stati cruciali, Ohio, Oklahoma e Tennessee, allora farebbe grossi passi avanti. A quel punto, il momento cruciale diventa il voto in Texas che mette in palio ben 155 delegati. Il problema per Santorum e’ che non e’ stata ancora decisa la data, ma che comunque cadra’ tra meta’ aprile e giugno. Santorum deve sperare che si voti prima possibile e che quel giorno ovviamente sbaragli Romney. A quel punto, lo scenario a lui piu’ favorevole prevede il ritiro di Newt Gingrich e ovviamente il suo appoggio.
Seconda ipotesi: Gingrich stravince i prossimi due dibattiti tv, il 22 febbraio e il 1 marzo. Quindi deve andare molto bene in Arizona e Michigan, meglio se vince in uno dei due. Poi deve sbancare il SuperTuesday conquistando non solo la sua Georgia, dove vive, ma anche fare suo per lo meno l’Ohio. A marzo deve assicurarsi i voti del sud conservatore, l’Alabama, la Louisiana e il Mississippi. Quindi, come Santorum, puntare le sue carte in Texas. Ma a differenza di Santorum, Gingrich nel ‘Lone Star State’ come viene chiamato il Texas, puo’ contare sull’appoggio del governatore Rick Perry. E anche lui, a quel punto, potrebbe legittimamente aspettarsi l’addio di Santorum e guadagnarsi il suo appoggio.
Terza ipotesi: i vari candidati si sono sbranati per mesi, ma nessuno di loro arriva a Tampa con i 1143 delegati sufficienti a ottenere la nomination. Cosi’ tutti i giochi sono aperti e davanti al mondo si assisterebbe alla cosiddetta ‘brokered convention’, una tre giorni in cui secondo il principio una testa e un voto, l’assemblea del partito repubblicano e’ sovrana. E sulla carta potrebbe scegliere un nome nuovo. Non a caso, oggi The Hill, uno dei blog politici piu’ seguiti a Washington, ironicamente titola: ”In una convention aperta: Jeb Bush contro Sarah Palin”.