Trascorsi gli entusiasmi popolari del primo momento quando il presidente Obama ha presentato la sua finanziaria per il 2010, un esame più attento dei programmi del capo della Casa Bianca ha cominciato a sollevare una serie di perplessità da parte di analisti e commentatori in entrambi gli schieramenti politici.
A cominciare dal New York Times, che durante la campagna elettorale diede il suo appoggio ad Obama. ”L’economia sta precipitando a ritmi sempre più veloci – scrive il quotidiano newyorchese – minacciando di rendere di ardua realizzazione i programmi di spesa del presidente, che dovrebbero essere il preambolo di vigorosi tassi di crescita negli anni a venire”.
Il quotidiano ospita anche un commento del columnist dell’autorevole mensile The Atlantic Clive Crook in cui scrive: ”In questa nuova era di responsabilità, come è chiamata, sarebbe stato meglio se Obama avesse chiarito che imponenti e desiderabili iniziative come l’assistenza sanitaria per tutti avrà dei costi per tutti gli americani, essendo impossibile pensare che saranno i ricchi a pagare per tutto. Dire al 95 per cento degli elettori che potranno avere quanto promesso da Obama a costo zero non è buona leadership e tanto meno responsabile”.
Da destra (il New York Times è di tendenze liberal) le critiche diventano bordate. Il commentatore Larry Kudlow della Cnbc, una rete televisiva dedicata all’economia, scrive che con la sua finanziaria Obama ”ha dichiarato guerra agli investitori, agli imprenditori, alle piccole imprese, alle grandi corporazioni, ai fondi azionari e ai venture-capital”. L’aumento delle tasse proposto da Obama, sentenzia Kudlow, ”non ha senso”.
Il Washington Times, vicino ai repubblicani, è dal canto suo scandalizzato dalla diminuzione delle detrazioni fiscali che Obama vuole imporre ai ricchi contribuenti che fanno beneficienza.
LG