WASHINGTON, STATI UNITI – Nel discorso della vittoria Barack Obama ha affermato che grazie al successo ottenuto torna ora alla Casa Bianca ”piu’ determinato e piu’ ispirato di prima”. Ma come prima si trovera’ a dover fare i conti con un Congresso che rimane spaccato, ovvero con i repubblicani che hanno la maggioranza alla Camera e i democratici al Senato. Una condizione che tradizionalmente affibbia al presidente la qualifica di ‘anatra zoppa’. o per dirla più duramente un incubo.
Forse per questo tra le sue prime mosse dopo la rielezione c’e’ stata proprio una telefonata ai leader del congresso, per lanciare l’invito a ”trovare soluzioni bipartisan” sulle questioni piu’ scottanti come la riduzione del deficit, l’abbassamento delle tasse e la creazione di posti di lavoro. Un appello alla collaborazione di fronte a quelli che si profilano come altri anni difficili, di lotte per l’approvazione di ogni misura. A partire dal temuto ‘fiscal cliff’, più tasse e meno spese, eredità di George W. Bush, la vera prima sfida per Barack Obama, un meccanismo che se prolungato dal Congresso costerà l’anno prossimo un aumento fiscale di per ogni famiglia di 3.500 dollari.
In un discorso dopo la diffusione dei risultati lo speaker della camera John Boehner ha affermato che ”con il loro voto, gli americani hanno rinnovato la maggioranza repubblicana alla camera, affermando di volere le soluzioni proposte dai repubblicani”. E ha quindi detto di essere pronto a lavorare ”con qualsiasi partner”, ma ha anche ammonito che continuera’ a combattere contro qualsiasi aumento delle tasse, perche’ con il loro voto, ha detto, ”gli elettori hanno chiarito che non le vogliono”.
A sua volta, il leader dei democratici al Senato Harry Reid ha lanciato un appello alla cooperazione partire dalla questione del deficit del bilancio federale e delle tasse. Un cambiamento di clima, ha affermato, ”e’ estremamente importante”. La buona notizia per i democratici sul fronte del Congresso e’ la vittoria di Elizabeth Warren, economista di Harvard, che ha riconquistato il seggio al Senato per il Massachussetts che fu di Ted Kennedy e che dopo la sua morte, due anni fa, venne conquistato dal repubblicano Scott Brown. Ma andare avanti sara’ comunque complicato.
In molti sistemi europei un capo di governo senza maggioranza parlamentare non sarebbe in grado di governare. Gli Usa pero’ hanno un sistema presidenziale puro, in cui il leader dell’esecutivo, eletto direttamente dal corpo elettorale, non dipende da un voto di fiducia di Capitol Hill. Inoltre, con il sistema del voto di ‘mezzo termine’, cioe’ del test elettorale a meta’ mandato, capita spesso che un presidente venga punito e sia quindi costretto a governare la seconda meta’ del quadriennio senza l’appoggio del Campidoglio.
Maggioranze diverse impongono ovviamente uno sforzo di mediazione ulteriore. Ma e’ proprio questo il problema, afferma parlando il professor Andrew Horn, docente alla Law School dell’universita’ di Harvard. I parlamentari ”non riescono o non vogliono trovare compromessi. Anche quando e’ nel loro interesse”. Dicendosi felice della rielezione di Barack Obama, sottolinea che pero’ ”il problema non e’ la Casa Bianca, ma il Congresso. Un Congresso in cui poco o nulla e’ cambiato rispetto agli ultimi anni, e che resta paralizzato”.
Nell’euforia generale generata dal dopo-elezioni le dichiarazioni di Boehner e Reid hanno tutta l’aria di essere concilianti e intese ad assicurare collaborazione bipartisan. Ma non sono in molti a crederci. Certi analisti del Certified Public Account (CPA) si chiedono se l’affermata spirito di cooperazione tra repubblicani e democratici sarà sufficiente a sostenere alcun cambiamento di rilievo, almeno nel breve termine.
