WASHINGTON, STATI UNITI – Al’incirca mezzo secolo fa negli Stati Uniti la segregazione razziale era rampante, non soltanto nel sud del Paese, mai dimentico della sconfitta subita per volere di Abraham Lincoln che volle la fine della schiavitù dei ”negri” – allora si chiamavano così – al costo di una sanguinosa guerra civile.
Ai ”negri” era naturalmente vietato entrare nei locali dei bianchi – Louis Armstrong poteva intrattenere i bianchi con la sua tromba, ma poi doveva andarsene dal locale – al cinema, come ai processi, i ”negri” erano relegati in galleria e se per caso un ”negro” avesse mancato di rispetto ad una donna bianca, l’impiccagione era scontata, magari con una croce ardente del Ku Klux Klan davanti alla casa della vedova.
C’era anche il problema dei bus che i ”negri” prendevano dai loro diseredati quartieri per recarsi a lavorare per i bianchi. Per legge, dovevano sedere in fondo all’automezzo senza mai entrare in contatto con i passeggeri bianchi.
E tutto cominciò da lì,da Montgomery, Alabama, dove ancora oggi accanto alla bandiera a stelle e strisce sventola arrogante spesso la bandiera confederata. Il primo dicembre del 1955, in piena segregazione razziale tipo apartheid sudafricano, una sarta ”negra” di 42 anni, Rose Parks, si rifiutò di alzarsi del sedile del bus su cui viaggiava per cederlo ad un bianco. Arrestata per aver rifiutato con aria di sfida di cedere il posto, da quel suo coraggioso gesto nacque la rivolta che,decenni dopo avrebbe portato un afroamericano alla Casa Bianca.
Il presidente Barack Obama ha voluto rendere omaggio alla coraggiosa signora durante la cerimonia di inaugurazione della statua di Rose Park al Capitol Hill, sede del Congresso americano. ”Rosa Parks ci insegna che le cose possono accadere o non accadere, e se si vuole cambiare il mondo e’ necessario sfidare l’ingiustizia con coraggio”: per il presidente la battaglia della pioniera per i diritti degli afroamericani negli Stati Uniti e’ un esempio da tenere bene a mente. Anche oggi, ha ricordato, a oltre mezzo secolo di distanza da quando la signora nera di 42 anni si sedette con aria di sfida su un bus a Montgomery, in Alabama, e venne arrestata per essersi rifiutata di alzarsi e cedere il posto a un passeggero bianco. Da quel coraggioso gesto nacque la rivolta.
Durante la cerimonia di inaugurazione della statua a lei dedicata a Capitol Hill Obama ha ricordato come l’attivista ”con quel gesto semplice ha contribuito a cambiare l’America e il mondo”. Parks e’ il simbolo di una lotta lunga e sofferta per i diritti civili dei cittadini di colore. Quei diritti che si ripropongono oggi in chiave piu’ ‘moderna’, su temi di cui il presidente si sta facendo promotore, dal diritto alle nozze gay, ad una riforma piu’ giusta per gli immigrati. Obama, soprattutto nel corso del suo secondo mandato, vuole infatti rilanciare con forza la lotta per i diritti civili, e per questo considera l’esempio di Rosa Parks piu’ che mai valido.
”Troppo spesso viviamo la nostra vita nella nebbia, accettando l’ingiustizia. E razionalizzare l’ingiustizia – ha spiegato il presidente – e’ inaccettabile”. ”Rosa Parks ci ha insegnato che c’e’ sempre qualcosa che possiamo fare. Tutti noi abbiamo delle responsabilita”’. Ma mentre Obama parlava in Campidoglio, i giudici conservatori della Corte Suprema, che detengono una risicata maggioranza all’interno del massimo organo giudiziario statunitense, esprimevano non pochi dubbi sul fatto che il ‘Voting Rights Act’ del 1965, fiore all’occhiello del movimento per i diritti civili, dopo mezzo secolo sia ancora costituzionalmente valido.
Un’affermazione che ha scatenato le proteste di centinaia di attivisti, riunitisi a manifestare fuori dalla Corte, tenendo alti cartelli con scritto ‘Proteggete il mio voto’. Rosa Parks, morta nel 2005 all’eta’ di 92 anni, il primo dicembre del 1955 con il suo gesto diede il via a Montgomery alla protesta contro il segregazionismo sugli autobus. Ne segui’ un boicottaggio dei trasporti pubblici da parte della comunita’ nera che si concluse con la loro vittoria, segnando l’inizio, asieme a Martin Luther King, della lunga lotta, caratterizzata da violente rivolte in molte città americane, per il riconoscimento dei diritti degli afroamericani.
