«Mai più salvataggi a spese dei consumatori», Barack Obama è deciso a combattere gli «speculatori banditi» e chiama Wall Street dalla sua parte. La ricetta anti-crisi del presidente Usa ha i tratti di una vera e propria rivoluzione. Per lui serve una riforma, altrimenti a Wall Strett non potrà cambiare nulla e non si potrà dire scongiurato il pericolo crisi. Il suo motto elettorale, quello stesso “Yes, you can” ritorna davanti ai pilastri della finanza per segnare una svolta che l’America non vede dai tempi del New Deal di Franklin Roosevelt: riforma bipartisan nel libero mercato, trasparenza dei derivati, protezione delle famiglie dagli speculatori, nuovi poteri di controllo agli azionisti su stipendi e bonus.
Il leader della Casa Bianca illustra alla Cooper Union di New York le nuove regole per i mercati che l’amministrazione democratica vorrebbe approvate al più presto. Obama cerca l’appoggio delle banche, nonostante abbia cercato di evitare che limitassero le sue scelte politiche, come nelle amministrazioni precedenti: «Voglio esortarvi a essere con noi e non contro di noi perché non c’è un confine che divide Wall Street e Main Street, e perché la riforma non è solo nell’interesse della vostra industria ma è nell’interesse del nostro Paese».
In un disegno legislativo lungo 1.336 pagine i democratici Usa voglio sfondare l’opposizione repubblicana dopo aver avuto già il voto della Commissione bancaria del Senato. Per questo motivo il presidente di stemperare le ire dei repubblicani, decisi a boicottare la riforma. Cerca una riforma bipartisan, ma all’interno «delle regole del libero mercato».
«La crisi finanziaria non è stata solo il frutto di decisioni prese ai vertici di Wall Street ma anche attorno al tavolo di cucina da famiglie in tutta America che sono state ingannate», ha aggiunto Obama, secondo cui la riforma finanziaria, con «regole di buon senso per assicurare l’etica di Wall Street e per proteggere i consumatori», è un pilastro essenziale per la crescita dell’economia del 21esimo secolo.
In sostanza, ha avvertito il presidente Usa, non ci saranno «mai più salvataggi a spese dei consumatori. Dev’essere l’industria finanziaria – ha aggiunto – a pagare, non i contribuenti nel caso di fallimento di una grande istituzione finanziaria. L’obiettivo è di far sì che i contribuenti non debbano accollarsi i costi perché una istituzione è giudicata ‘troppo grande per fallire’ ». Fra le proposte di Obama anche la cosiddetta ‘regola Volcker’ (dal nome dell’ex capo della Fed Paul Volcker) che «mette limiti alle dimensioni delle banche e al tipo di rischi che le banche possono assumersi».
E allora le nuove mosse pensate dalla Casa Bianca per Wall Street daranno agli azionisti nuovi poteri di controllo sulle paghe dei dirigenti, sui bonus e più voce in capitolo sulle elezioni dei board:
I derivati «hanno un ruolo legittimo nell’economia ma vanno scambiati alla luce del sole, in piena vista delle aziende, degli investitori e degli incaricati alla vigilanza».
Obama ha chiesto «nuova trasparenza» nel mercato dei derivati, «quelli che Warren Buffett ha definito armi finanziarie di distruzione di massa» e per questo a detta del presidente serve una riforma che metta «le redini all’eccesso e aiuterà ad assicurare che questo tipo di transazioni avvengano alla luce del giorno».
Il presidente ha concluso il suo discorso con una citazione dalla rivista Time dal 1933: «Attraverso le grandi banche di Manhattan la scorsa settimana sono passati brividi di allarme. I grandi banchieri si guardavano infuriati e stupiti. Era stata approvata una legge che consideravano un sistema mostruoso, che avrebbe rubato l’orgoglio della loro professione e ridotto le banche Usa ai più bassi livelli». La riforma di cui parlava Time era la istituzione della Fdic, Federal Deposit Insurance Corporation, l’agenzia federale nata con la Grande Depressione che – ha detto il presidente – ha assicurato con successo i risparmi di generazioni di americani.
Alla Cooper Union mancavano i nomi illustri della finanza, ma i manager mancanti (che hanno di fatto snobbato la presentazione della riforma) si sono giustificati parlando di inviti recapitati troppo tardi, ovvero martedì 20 aprile. «Ci sono riunioni dei board, trimestrali e altri appuntamenti inamovibili», ha detto una fonte di Wall Street al giornale online Politico, «Pochi di loro possono rendersi disponibili con un preavviso di 36 ore».
Morgan Stanley ha detto che il suo Cfo Ruth Porat e il Chief operating officer Thomas Nides hanno risposto positivamente ma non il Ceo Jamers Gorman e il presidente John Mack. Bank of America, rappresentata dal chief risk officer Bruce Thomson, ha fatto sapere che l’amministratore delegato Brian Moynihan aveva un altro impegno. Citigroup e Goldman Sachs non hanno fatto commenti, mentre Wells Fargo ha detto di non sapere se qualche vip della banca ha accettato l’invito.
