Le notizie sulle rivelazioni diffuse da Wikileaks si sono sommate e moltiplicate nelle ultime ore. Ma nel marasma di giudizi più o meno spigolosi, certo poco diplomatici, si rischia di perdere di vista il vero significato della divulgazione del sito di Julian Assange.
A cercare di fare un po’ di chiarezza c’ha pensato lo Spiegel, uno dei giornali che per primi hanno date le notizie, insieme allo statunitense New York Times, al britannico Guardian, al francese Le Monde, allo spagnolo El Pais.
I documenti diffusi in internet da Wikileaks comprendono 251.287 dispacci diplomatici inviati dalle ambasciate e consolati in giro per il mondo al Dipartimento di Stato americano a Washington e oltre 8mila direttive inviate dal Dipartimento di Stato agli avamposti diplomatici americani nel mondo.
Il flusso dei dispacci nel tempo. Un solo documento risale al 1966, mentre la maggior parte è del 2004 o ancora antecedente: anni chiave per la politica americana, in cui nacque SIPRINet, il database usato dal Diparti,mento di Stato e da quello della Difesa per trasmettere informazioni riservate e non attraverso protocolli TCP/IP in un ambiente considerato sicuro. Peccato che quell’ambiente tanto sicuro non fosse, visto che i materiali pubblicati dal sito di Julian Assange provengono proprio da lì.
Il numero dei dispacci è cresciuto esponenzialmente durante gli anni: solo durante i primi due mesi si quest’anno sono stati inviati e oltre 9mila rapporti. Ma da allora, il flusso di materiale ottenuto da Wkileaks si è interrotto. Ogni documento include la data, il nome dell’autore, il suo indirizzo, il livello di classificazione e il testo stesso. Spesso nei dispacci venivano citati i nomi degli informatori.
La gran parte dei documenti è stata stilata da ambasciatori, consoli o da membri del loro staff. Molti contengono valutazioni sulla situazione politica nei diversi Paesi e informazioni sulle decisioni personali dei singoli leader. In alcuni casi forniscono addirittura profili politici e umani dei leader.
Come nel caso dei documenti su Iraq e Afghanistan diffusi la scorsa estate da Wikileaks, i dispacci diplomatici odierni sono stati spediti attraverso il protocollo americano SIPRINet, ritenuto estremamente sicuro. Proprio per questo, la rete del governo americano è usata per trasmettere documenti classificati come “confidenziali” o “segreti”.
La classificazione dei documenti. Secondo i criteri di classificazione di Washington, il secondo più alto livello è attribuito a quelle informazioni che, se pubblicate, potrebbero causare “seri danni” alla sicurezza nazionale. I dispacci invece classificati come “top secret” non sono compresi tra quelli diffusi da Wikileaks: per questi documenti, infatti, è richiesto un accesso separato.
Circa la metà dei dispacci delle ambasciate non è segreta, classificata semplicemente come “confidenziale”. Solamente il 6 per cento dei documenti (per un numero di 15.652) sono classificati come “segreti”. Di questi, 4.330 sono così delicati da recare un’ulteriore etichetta di “NOFORN”, che significa che quei dispacci non possono essere resi accessibili dai non americani.
Ad avere accesso a SIPRINet sono all’incirca due milioni e mezzo di persone, incluso lo staff di alcuni dipartimenti e agenzie governative. Tuttavia l’esperienza ha mostrato che la maggior parte degli utenti lavorano al Dipartimento di Stato. I dati sono consultabili solo da alcuni speciali computer messi a punto in centri in cui lavorano le forze americane.
La procedura di registrazione e le password vengono cambiate all’incirca una volta ogni cinque mesi, ma anche i documenti con il più alto livello di segretezza sono tuttora accessibili a circa 850mila americani. La fuga di notizie era qualcosa che prima o poi sarebbe successo in ogni caso.
Rispetto ai rapporti militari dall’Iraq e dall’Afghanistan, i dispacci diplomatici sono sicuramente più agevoli da leggere e da comprendere. Nonostante questo ci sono alcuni codici utilizzati nelle intestazioni dei documenti che richiedono delle spiegazioni.
Il gossip dei diplomatici. Nei loro dispacci i diplomatici scrivono di eventi che avvengono nel mondo con commenti critici sui politici stranieri: questo perché venivano scritti nella convinzione che sarebbero rimasti segreti per almeno 25 anni. Questo spiegherebbe perché ambasciatori e inviati americani si siano lasciati andare a tante osservazioni più vicine al gossip che all’osservazione geopolitica nei loro rapporti inviati al Dipartimento di Stato.
Una delle maggiori attrattive dei documenti è che ci permettono di ascoltare il vero pensiero di diplomatici e politici, esternato senza i filtri dell’ufficiosità. Tuttavia non sempre si riesce a dire quali fonti stiano effettivamente dicendo la verità e quelli invece stiano semplicemente riportando delle dicerie, o chi addirittura stia magari mentendo o cercando scientemente di confondere le acque. Non è ancora chiaro se sia stato diffuso un resoconto completo dei documenti. E’ possibile che ci siano state delle falsificazioni nei documenti.
Anche se conosciamo l’establishment dei Paesi in cui è stato sottratto il materiale dal sistema americano, non conosciamo le esatte circostanze in cui la fonte di Wikileaks ha copiato il materiale. Per esempio, la fonte potrebbe essere stata preda della fretta oppure potrebbe essere stata interrotta durante la trascrizione. Oppure potrebbe avere selezionato il materiale in base a certi criteri o essersi invece lasciata guidare dal caso. O ancora, potrebbe aver copiato tutto il copiabile.
La fonte potrebbe anche aver filtrato il materiale. La mancanza di documenti classificati come “top secret” è solo dovuta al fatto che la loro diffusione seguiva altri criteri e che la fonte probabilmente non aveva i dati di accesso. O addirittura, potrebbe scientemente aver scelto di non accedere a queste notizie.
La franchezza che traspare da questi documenti non è insolita. Naturalmente molti di noi sono abituati a sentire i diplomatici parlare secondo formule codificate. Ma nei documenti destinati ad un uso interno, il linguaggio usato dai funzionari è piuttosto chiaro. E questo sia per quanto riguarda i delegati americani sia nel caso di quelli di altre nazionalità.
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