L’Australia si rifiuta di offrire rifugio al suo cittadino Julian Assange, fondatore del sito Wikileaks che ha cominciato a rilasciare oltre 250 mila documenti segreti del Dipartimento di Stato Usa.
Il ministro della Giustizia Robert McClelland ha detto oggi ai giornalisti che la polizia federale sta indagando sulla possibilità che siano state violate delle leggi australiane.
Il ministro ha aggiunto di non essere al corrente di richieste da parte di Washington di cancellare il passaporto australiano di Assange, ma non ha escluso un simile provvedimento. Ha aggiunto che sono all’esame diverse opzioni da parte di agenzie governative, in risposta all’ultima diffusione di materiale classificato Usa. ”Potenzialmente vi è un certo numero di leggi penali australiane che potrebbero essere state violate”, ha detto.
Intanto il ministro della Difesa Stephen Smith ha confermato che una speciale task force intergovernativa sta studiando i documenti per accertare quale danno possa derivare dalla loro pubblicazione. In precedenza, la premier Julia Gillard aveva condannato la diffusione dei documenti come irresponsabile e potenzialmente dannosa agli interessi di sicurezza nazionale.
L’Australia nei documenti di Wikileaks. Nei documenti del sito di Assange, l’Australia è descritta come alleato ‘saldo come roccia’ ma privo di influenza. Altri file riguardano invece la decisione del governo conservatore di John Howard di partecipare a fianco degli Usa all’invasione dell’Iraq, e la detenzione di cittadini australiani a Guantanamo.
Sarebbero 1442, secondo l’agenzia di stampa australiana Aap, i documenti che menzionano l’Australia, ma non è ancora chiaro cosa contengano. Un dispaccio dell’Ambasciata Usa in Zimbabwe si affermava: ”Abbiamo bisogno di continuare la pressione sul presidente Robert Mugabe, facendo leva sui suoi difetti per rimuoverlo… Alleati solidi come roccia, come l’Australia, non hanno abbastanza impeto per farsi avanti e le Nazioni unite è come se non ci fossero”.
Un altro documento, dell’ambasciatore Usa a Canberra, tratta i retroscena del vertice Apec dei leader dell’Asia-Pacifico a Sydney nel 2007, e riferisce di un colloquio in cui il presidente Usa George W. Bush esprimeva preoccupazione al presidente cinese Hu Jintao per una spedizione di parti di missili dalla Corea del Nord all’Iran, che avrebbe fatto scalo a Pechino.
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