Coliche e deflazione sono un po’ la stessa cosa, secondo la prescrizione quasi medica di Carlo De Benedetti, che lancia l’allarme dalla prima pagina dell’edizione domenicale del Sole 24 Ore:
“Chiunque abbia sofferto di coliche sa bene che conviene prendere una massiccia dose di analgesico ai primi segnali di dolore se si vuole evitare una sofferenza acuta e duratura. La stessa cosa accade con la deflazione. Occorre prevenirla alle prime avvisaglie perché una volta che ha preso piede diventa molto complicato scongiurarla e fa molto, davvero molto male.
Secondo Carlo De Benedetti,
“chi ha un po’ di dimestichezza con le dinamiche dell’economia”
capisce anche di coliche dolorose e, genuflessione,
“queste cose le conosce bene un banchiere centrale esperto e preparato com’è il nostro Mario Draghi“
ma ancora Draghi prende tempo: “ha fatto capire” di avere “finalmente preso atto del pericolo” e di essere “pronto a intervenire”. Ma allora, si chiede Carlo De Benedetti,
“cosa si aspetta ancora?”:
“Sono mesi che i più accorti tra gli analisti denunciano il progressivo sprofondare dell’Europa nella deflazione, […] l’inflazione nell’eurozona in marzo è risultata essere dello 0,5% anno su anno rispetto allo 0,7% di febbraio. Anche negli Stati Uniti l’inflazione sta scendendo. Il tasso di inflazione sui consumi personali in febbraio è sceso a 0,9% rispetto all’1,2% di gennaio. E l’ultima previsione di inflazione in Cina è scesa al 2%, quasi la metà del target fissato del 3,5%. […] Per questo la deflazione non è un’ipotesi, ma una realtà alle porte.
Ripeto: cosa si aspetta allora a intervenire? Non c’è alcuna ragione economica per rinviare ancora l’adozione di misure straordinarie come un massiccio quantitative easing. [Però] ci sono le contingenti esigenze politiche di chi, in Germania e nel Nord Europa, non vuole rischiare contraccolpi nelle urne delle prossime elezioni europee”.
Il rischio, “concreto”, è “di arrivare tardi, quando lo sforzo necessario da parte della Bce dovrà essere ancora maggiore e di esito più incerto”.
[…]
“Rinviare le scelte, trascurando i segnali ormai evidenti, rende la deflazione più probabile e più aggressiva. Come insegna del resto l’esperienza giapponese degli anni ’90: anche l’Ocse fino al 1994 prevedeva per il Giappone una inflazione allo 0,6%, si tardò così a reagire ed esplose la grande deflazione nipponica.
“La deflazione è un mostro che si auto-alimenta sulla base delle aspettative. Quando i prezzi cominciano a scendere gli acquisti vengono rinviati, non solo perché si attendono prezzi migliori, ma perché conviene tenere il capitale investito in titoli a lungo termine, che rendono ai tassi attuali il 2,5-3%. Gli interessi reali crescenti, poi, scoraggiano gli investimenti innescando la spirale minor investimento/minor crescita che porta inesorabilmente la deflazione ad accelerare.
“Per contrastare questi meccanismi non può bastare una conferenza stampa e neppure è sufficiente lasciar circolare sulla stampa di mezza Europa l’ipotesi di un acquisto di titoli nell’ordine di mille miliardi. Serve che questa iniezione di liquidità venga operata subito”.