VALPARAISO – Brucia la perla Valparaiso. Almeno 16 vittime, 500 abitazioni distrutte nella città portuale del poeta Pablo Neruda. La presidente Bachelet invia migliaia di soldati in soccorso ai 10mila sfollati.
Racconta Filippo Fiorini sulla Stampa:
Un vento fortissimo, una fiamma libera accesa non si sa da chi e una città fatta per lo più in case di legno e lamiera hanno portato a quello che, prima ancora di essere estinto, è già stato definito l’incendio più grave nella storia di Valparaiso. «La fidanzata dell’oceano», come la descrisse il poeta Pablo Neruda, che la scelse come dimora e luogo d’ispirazione, ha iniziato a bruciare sabato sera da un boschetto di periferia. Poi, nelle colline che la spingono contro il mare, sono scomparse tra le fiamme almeno 500 delle sue tipiche case color pastello.
Il bilancio provvisorio parla di 16 vittime, la maggior parte anziani e bambini che non hanno fatto in tempo a scappare. Tutto sommato, però, l’impressione è che la situazione avrebbe potuto essere molto più grave, se non fosse stato per l’intervento tempestivo delle autorità. La presidente Michelle Bachelet, in carica da un mese, aveva ricevuto dure critiche al termine del suo primo mandato (2006/10) per il modo approssimativo con cui aveva fatto fronte al terremoto del febbraio 2010. Tra le molte negligenze di allora, la più grave fu la decisione di non diramare l’allerta tsunami dopo le prime scosse, così, quando l’onda anomala arrivò effettivamente sulla costa, causò molti morti.
Oggi, però, i socialdemocratici hanno cambiato radicalmente il modo di gestire i cataclismi. Come già accaduto nel terremoto del primo aprile scorso (8,2 gradi di magnitudo e sei vittime), la Bachelet ha mobilitato le forze armate ed è riuscita a evacuare ordinatamente e in poche ore migliaia di persone. In questo caso, sono stati 10mila gli sfollati che hanno camminato per i vicoli solitamente disseminati di musicisti e giocolieri, scendendo le scalinate dai corrimano rotti fino al porto, dove è stato aperto un centro d’accoglienza e dove è di stanza il grosso della marina militare cilena, la stessa che l’11 settembre del 1973 iniziò il golpe contro il presidente Salvador Allende.
Mentre almeno 20 aerei, 14 elicotteri e 1.500 uomini lavorano per contenere le fiamme, restano ancora ignote le cause del rogo. E c’è apprensione anche per i danni materiali in una città che l’Unesco ha inserito nel patrimonio culturale dell’umanità, ma anche la speranza che le parole di Neruda, le servano di augurio: «Presto Valparaiso marinaia, dimentichi le lacrime e torni ad abbarbiccare le tue dimore, a dipinger le porte di verde e poi le finestre di giallo».