ROMA – Un caso Merkel sul voto. Il Corriere della Sera: “Monti rivela che la cancelliera Merkel in un anno elettorale non sarebbe felice di avere un partito come il Pd al governo. Ma Berlino nega commenti. Polemica anche per le lettere di Berlusconi sull’Imu da rendere. I sindacati: code di anziani per i rimborsi.”
Monti: Merkel non vuole il Pd. Ma Berlino: mai dato giudizi. L’articolo a firma di Dino Martirano:
“La giornata prende una piega scivolosa quando Mario Monti espone in maniera decisa qual è il giudizio politico (non benevolo) che Angela Merkel avrebbe dato di Pier Luigi Bersani, segretario del Partito democratico e possibile alleato di governo del professore. In buona sostanza, il professore dice che la cancelliera non vede di buon occhio un leader della sinistra a Palazzo Chigi ma poi da Berlino, in serata, arriva una smentita: Angela Merkel «non si è espressa sulle elezioni italiane e non lo ha fatto neanche in passato», comunica su Twitter il portavoce del governo tedesco dopo esser stato interrogato dal vice direttore di Europa, Filippo Sensi (che sempre su Twitter si prende i complimenti di Mentana). Il caso era nato alcune ore prima. La domanda a Monti — posta al forum organizzato dall’Adnkronos — ha preso spunto da un’affermazione di Silvio Berlusconi che ritiene «certa l’alleanza tra il polo di centro e quello di sinistra con la benedizione della Merkel». Ha risposto, dunque, il presidente del Consiglio per gli affari correnti che ha deciso di guidare una lista civica alleata di Fini (Fli) e di Casini (Udc): «L’affermazione di Berlusconi è falsa, non ho affatto deciso che collaborerò con Bersani… Certo la Merkel teme l’affermarsi di partiti di sinistra. Credo che non abbia nessuna voglia di vedere arrivare al governo il Pd, che è un partito della famiglia della sinistra europea». Ma quello che è un ragionamento tutto politico, il Professore (che domani chiuderà la campagna elettorale a Firenze con due eventi) lo riprende nel pomeriggio parlando a SkyTg24: l’affermazione di Berlusconi sulla presunta «benedizione» della Cancelliera riguardo all’asse Monti-Bersani «è una somma di falsi» perché «non c’è alcuna conversazione tra Bersani e me. E poi, evidentemente, Berlusconi stravede per la Merkel e vede anche l’irrealistico. Io dubito, infatti, che la signora Merkel voglia che un partito di sinistra vada al governo di un grande Paese europeo in anno di elezioni per la Germania». Semmai, ha chiosato non senza perfidia il Professore, con un occhio alla campagna antitedesca di Berlusconi, la Merkel «auspicherebbe che sia il Pdl, che è con lei nel Ppe, a vincere». E su questo ultimo passaggio Monti si è attirato l’ira di Angelino Alfano, che del Pdl è il segretario: «Ormai Monti si comporta da portavoce della Merkel».”
«Resuscita paure inesistenti» Bersani non teme veti dall’estero. L’articolo a firma di Maria Teresa Meli:
“Il leader del Pd ricorda bene quando il Partito popolare europeo fece l’endorsement per Mario Monti, lo ricorda perché gli arrivò una telefonata dallo staff di Angela Merkel per dirgli: «Per noi non c’è nessun problema se il Pd vince le elezioni». Certo, la postilla era la stessa di quella di adesso: «Ci piacerebbe se il Pd dopo la vittoria coinvolgesse Monti». È un ritornello che ripetono anche dagli Stati Uniti. E di queste affermazioni Bersani fa tesoro, perché mondate dagli amori-umori italiani vogliono dire solo una cosa: siamo pronti a vedervi governare il Paese. Il codicillo successivo — preferiremmo lo faceste con l’attuale premier e non con Nichi Vendola — è un auspicio che il segretario del Partito democratico tiene da conto, ma che non limita il suo raggio d’azione. Perché, come spiega Massimo D’Alema all’Unità, sono «gli italiani che votano alle elezioni, e non la signora Merkel». E dopo la precisazione della cancelliera aggiunge: «Ha fatto tutto Monti, il suo alla fine si è rivelato un doloroso infortunio». Pier Luigi Bersani ha fatto una grande fatica per presentare se stesso e il suo partito all’Europa. Quando è andato dal ministro delle Finanze tedesco Schäuble sapeva già di avere il viatico di Merkel: «Sappiamo quale sarà l’esito delle elezioni in Italia, e non lo osteggeremo». E da allora è stato tutto uno scambio di email e messaggi, con un unico obiettivo: far comprendere all’estero che il Partito democratico non è la cinghia di trasmissione del fu Pci. Lavoro difficile, e lungo.”
«Bonino al Colle». I centristi si dividono. L’articolo a firma di Paola Di Caro:
“Parole di stima che piacciono a Marco Pannella: «È molto interessante che Monti si sia esposto per questa candidatura che certamente non è la più gradita dai partitocrati», ma che vengono accolte con estrema sobrietà dalla Bonino — «Gli sono molto grata» —, forse conscia del monito di D’Alema, che infatti interrogato su un gradimento si rifiuta di darlo perché «Emma è mia amica e non voglio farle un dispetto…». Ma l’uscita del leader di Scelta civica provoca molto malumore nel suo schieramento. Perché la Bonino non è certo il candidato ideale per l’area cattolica, come non mancano di fargli notare anche a voce alta alcuni esponenti dell’Udc come Marco Calgaro («Mi dissocio completamente e trovo inopportune le dichiarazioni del presidente Monti»), ma anche Roberto Formigoni — «Ultimo avviso agli elettori cattolici. Monti vuole la Bonino al Quirinale…» — o il Movimento per la vita, che esprime «sconcerto e preoccupazione». Seccamente, pure Pier Ferdinando Casini prende le distanze: «È un dibattito stucchevole quello sulla presidenza della Repubblica quando abbiamo un capo dello Stato in carica e problemi più urgenti da affrontare, come i provvedimenti da prendere per il bene del Paese. Propongo davvero una moratoria sul Quirinale: almeno questa istituzione non facciamola diventare parte di un gioco, quello del toto-nomine nel quale a volte tutti cadiamo. È una cosa seria, trattiamola seriamente».”
La resa di Giannino. Lascia la guida di Fare (ma resta candidato). L’articolo a firma di Monica Guerzoni:
“Il messaggio di «addio» del fondatore arriva via Twitter, rilanciato 1200 volte: «Dimissioni irrevocabili da presidente — scrive Giannino —. I danni su di me per inoffensive ma gravi balle non devono nuocere a Fare2013». Sono le tre, l’Hotel Diana è assediato da cronisti, cameramen e fotografi, ma il giornalista che si spacciò per economista li dribbla tutti, corre alla stazione Termini e sparisce dentro un treno per Milano. Stanco, affranto, ma deciso a smentire di aver mollato per fare un favore a Berlusconi: «Vero niente!». Dopo il fattaccio le simpatie di Monti nei suoi confronti sono aumentate e anche sul web c’è chi lo difende, ma giudizi critici e ironie si moltiplicano in modo esponenziale e salta fuori un’intervista al Foglio, novembre 2009, in cui Giannino racconta di aver cantato allo Zecchino d’Oro. Vero o falso? Negli atti del celebre concorso canoro il suo nome non c’è, a suo tempo Oscar disse di avervi partecipato, per ragioni familiari, «con le generalità di un altro parente». A sera, alle «Invasioni barbariche», giura: «Ho preso la maturità con il massimo dei voti. Avevo 9 e 10, le pagelle ce le ha mia madre…». E adesso sulla rete, oltre a battute (come «Giannetto mitomane perfetto») circolano anche veleni sulla veridicità della sua malattia, per la quale da anni si dedica ai pazienti terminali. Giannino presenta dimissioni irrevocabili e i diciotto membri dell’organismo le accolgono. Il candidato premier offre anche la rinuncia al seggio, ma qui il parlamentino respinge il bel gesto.”
Grillo prepara lo sbarco a Roma. Attacchi al Pd per lo «scouting» Verso il Parlamento. L’articolo a pagina 8 de Il Corriere della Sera:
“Parole, queste ultime, che invece a qualcuno sono apparse proprio come una excusatio non petita: «Lo stesso Bersani — sostiene Silvio Berlusconi — ha detto che dovrà fare scouting con i parlamentari di Grillo. Questo significa andiamo a prendercene qualcuno. Mi pare chiaro che chi vota Grillo vota a sinistra». Con lui, anche Roberto Maroni denuncia: «Scouting vuol dire compravendita di parlamentari, è una cosa che non si fa. Fare scouting vuole dire comprarsi i parlamentari, prendersi i parlamentari eletti in un partito e portarseli in un altro — afferma il leader della Lega e candidato alla presidenza della Regione Lombardia —. È una pratica immorale, da condannare, e non basta usare un termine inglese per nobilitarla». E sulla stessa lunghezza d’onda si sintonizza un altro candidato a guidare la Lombardia, il montiano Gabriele Albertini: «Bersani sembra ormai il titolare di una tintoria. Per caso dietro la parola scouting si intende la riapertura delle scuole di rieducazione come le Frattocchie o, più prosaicamente, siamo già a un prossimo mercato delle vacche — con rispetto per gli animali — made in Pd? I grillini dunque prenderanno il posto delle fantasie sui dipietristi alla Razzi e Scilipoti?».”
Gelo Monti-Merkel sul Pd. La Stampa: “Affondo di Monti contro il Pd: non credo che Merkel lo vorrebbe al governo. La replica di Berlino: la Cancelliera non si è mai espressa sulle vostre elezioni. Intanto l’Italia torna sotto i riflettori dei mercati: secondo Standard&Poor’s «esiste il rischio che dopo le elezioni possa esserci uno stop alle riforme per migliorare le prospettive di crescita».”
A Pistorius il primo round. Vacillano le prove dell’accusa. L’articolo a firma di Lorenzo Simoncelli:
“Nel secondo giorno dell’udienza di convalida del fermo nei confronti di Oscar Pistorius, nell’aula C del tribunale di Pretoria, si è consumata la prima vera battaglia legale tra accusa e difesa. Gerrie Nel, il pubblico ministero e Barrie Roux, uno del team di legali dell’atleta sudafricano, hanno mostrato tutta la loro esperienza. A testimoniare, ieri, è stato chiamato Hilton Botha, detective della stazione di polizia di Boschkop, accorso per primo sul luogo del delitto nella notte di San Valentino. Di fronte al giudice Desmond Nair ha descritto la scena del crimine, incalzato dal pubblico ministero. «Pistorius sapeva che la vittima era in bagno – ha detto Botha – infatti i risultati balistici dimostrano che ha sparato quattro colpi attraverso la porta in direzione della fidanzata». Poi è stata la volta della difesa, che ha chiesto conferma al detective se la ricostruzione di Pistorius potesse essere considerata attendibile, e nello stupore generale, Botha ha affermato: «Dobbiamo aspettare ulteriori risultati balistici, ma la sua testimonianza è in linea con i fatti». Messo in difficoltà da Roux, il detective ha dovuto ammettere come la scientifica abbia fatto degli errori nei primi rilievi sul luogo del delitto. In primis gli agenti non hanno utilizzato i calzari copri scarpe, ricevendo così l’accusa di aver inquinato la scena del crimine. Secondo, non sono stati in grado di trovare il quarto bossolo.”
Tutto vero. Milan straordinario: stende il Barça e intravede i quarti Ingabbiato Messi, nessun rischio per i rossoneri in 90’. L’articolo a firma di Marco Ansaldo:
“Il Milan è vivo e chi se la passa assai male è il Barcellona. Il 2-0 di San Siro ha dell’incredibile, raffrontato alle paure della vigilia e al ricordo che i rossoneri non vincevano una sfida dall’ottobre del 2004 ed era la squadra di Shevchenko, Kakà, Pirlo, Gattuso, campioni più affidabili di chi oggi ne indossa la maglia. Eppure il successo fa una sola grinza, il tocco di mano di Zapata nell’azione del gol di Boateng: senza quello stop irregolare con il braccio largo la palla non sarebbe rimasta a disposizione per il tiro. Per il resto il Milan ha strameritato. Questo passerà alla storia come il match in cui il Barcellona non ha piazzato neppure un tiro nello specchio della porta. Il vantaggio con cui i rossoneri andranno al Camp Nou, se non è una garanzia assoluta, è amministrabile per due ragioni: 1) l’Inter di Mourinho e il Chelsea di Di Matteo hanno dimostrato che si possono limitare i danni, se si gioca con la feroce sapienza di ieri (e se Ambrosini ripeterà la migliore prestazione della sua vita); 2) il Barcellona si è fatto nervoso e poco lucido, anche in svantaggio non ha costruito azioni efficaci e si è fatto colpire dalla bella trama del raddoppio di Muntari. Fenomeni come Iniesta e Xavi hanno balbettato, la compagnia è stata opacissima.”