La tragedia di Brindisi mette in secondo piano i vuoti discorsi del G8 americano e rivela la forza del terrorismo che riesce a dare con un singolo atto di sangue uno scossone emotivo a un intero Paese: “Italia sotto shock” è il titolo di apertura del Sole 24 Ore.
Tutti i quotidiani ci aprono e i titoli sono più o meno gli stessi: “Tornano le stragi” (Fatto Quotidiano), “Volevano la strage” (Stampa), “La strage delle ragazze” (Repubblica), “L’ora dei vigliacchi” (Libero), “Caccia agli stragisti” (Corriere della Sera), “Vigliacchi siete” (Giornale). Varianti: “Bomba a scuola” (Messaggero), “L’inferno davanti alla scuola” (Secolo XIX).
Grande emozione, commozione, retorica anche. Il ministro dell’Interno, Annamaria Cancellieri, si fa un po’ prendere la mano e dice al Corriere della Sera: “Colpiti come a Beirut” (pag. 7).
Sull’attentato di Brindisi, il Fatto ha un secondo titolo, sulle indagini: “Girandola di ipotesi: dal patto Sacra Corona-Cosa Nostra agli anarchici. La pista più inquietante: mafia. E nuove trattative come nel ’93”.
Speriamo si sbaglino: tanti elementi del confuso intrecciarsi di indiscrezioni (Mattino: “C’è un video con l’uomo che nasconde l’ordigno”, Messaggero: “Il volto del killer in un video”, Giornale: “Hanno visto il killer schiacciare il bottone”, Repubblica: “Il Killer col telecomando in mano ripreso da una telecamera”. Non si è mai visto un lavoro così sciatto, da dilettanti, da parte di terroristi o mafiosi di mestiere.
Sepolto a pagina 9 di Repubblica c’è però un articolo di Carlo Bonini che dobbiamo augurarci, per dovere civile, corrisponda alla realtà: “La vendetta conto un pentito, l’ombra di un folle”, la “pista è locale” e anzi la Sacra Corona Unita sarebbe pronta a dare una mano ai vari servizi segreti che “hanno rovesciato sul terreno” 200 uomini.
Il secondo titolo delle prime pagine è in generale sul G8 a Camp David. Questo tipo di riunioni servono a poco, se non a far buttare un po’ di soldi in viaggi e security, perché nessun capo di governo, al giorno d’oggi, farebbe accordi sul tamburo chiacchierando con o senza interprete con l’omologo di un altro Stato. Gli americani, e con loro un pezzo di Germania e di Europa dell’Est, hanno appreso sulla loro pelle i nefasti risultati del rapporto diretto tra Roosevelt e Stalin a Yalta. I vari G sono organismi di parata, da cui escono generiche affermazioni di principio, come quelle sui paradisi fiscali del G20 di Londra del 2009. Non sono organismi sovrannazionali dotati di poteri formali, contano ancor meno dell’Onu.
Sono occasioni dimostrative, come ben sa chi si dà convegno, agli angoli del globo, per provare a dare scossoni all’opinione pubblica mondiale, con intensità che varia a seconda della location (a Camp David non risulta che ci abbiano nemmeno provato) e della mollezza del Governo ospitante: a Genova fu un disastro anche per le ambiguità preventive di Berlusconi e dell’ineffabile ministro degli Esteri dell’epoca, Renato Ruggiero che poi generarono reazioni e contro reazioni fuori misura.
La contro prova è nei titoli di oggi. Repubblica: “Misure per la crescita”, Sole 24 Ore: “Il G8: contro l’emergenza della crescita”, Stampa: “La ricetta del G8: l’imperativo è la crescita”, Corriere della Sera: “Il G8 vuole salvare Atene, ma sulla crescita è diviso”, Messaggero: “Il G8: ora crescita e lavoro, la Grecia resti nell’euro”, Mattino: “Subito la crescita, salviamo la Grecia”.
Da domani si torna a lavorare sul serio e il pallino torna in mano ai tedeschi e al loro disegno di comando sull’Europa, è la conquista dello “spazio vitale” affidata ai bilanci e ai bund anziché alle armate, e scusate se è poco, ma non facciamoci ingannare dagli aspetti più truculenti e disumani del passato. La nuova logica è meno spietata ma altrettanto inesorabile: la Germania è il perno dell’Europa, se la Germania è viva ricca produce esporta, l’Europa, che per l’industria tedesca in prevalenza lavora e in Germania in prevalenza esporta , sta bene a sua volta. Per capirci, la Germania assorbe quasi il 13% delle esportazioni italiane, che non sono mutandine ma componenti e (di) macchine e impianti. Prosegue il ragionamento tedesco: il ciclo del denaro dalla Germania agli altri Paesi europei deve essere quello sopra il tavolo dell’import export, che a sua volta mette in circolo lavoro produttivo e non quello sotto il tavolo dei finanziamenti che alimentano lavori inutili, sprechi e ruberie.
C’è poco d’altro sulle prime di oggi.
Si vota a Genova e altre città di provincia ma significative, un centinaio, come ricorda il Secolo XIX: “Genova sceglie il nuovo sindaco, grande incognita l’astensionismo”. L’altra grande incognita, Beppe Grillo, a Genova si è già manifestata senza però riuscire a entrare nel ballottaggio, ma è a Parma che invece i giochi sono ancora aperti.
Sul Giornale dei Berlusconi, Giuliano Ferrara prova un esorcismo: “Perché Grillo non può essere il nuovo Cav”, cioè Berlusconi. Ma non sembra nemmeno che Grillo lo voglia.
Imu, Corriere della Sera: “Il costo dell’imposta per gli esercizi commerciali di Milano. L’Imu dei negozi : 243% in più”.
La vignetta di Giannelli sul Corriere della Sera fa rimpiangere Berlusconi. Si vedono Barack Obama e Mario Monti. Obama: “Vedo nero!”. Monti: “Figurati io!”.
Sempre sul Corriere, Aldo Grasso, meglio come satirista che come critico tv, prende di mira “il Magistrato & l’Igienista”, meglio nota come Nicole Minetti, beccata a cena in un albergo di Milano con un giovane pm appena trasferito, concludendo così: “A volte gli inquirenti sono attratti da donne informate sui fatti, ben formate e anche un po’ rifatte”.
Sulla Gazzetta dello Sport la domenica punta i fari su stasera alle nove, quando sarà giocata “l’ultima partita di Del Piero con la maglia della Juventus”: “Ale d’addio”. Domina la pagina questo titolo: “Drogba d’Europa. Il Chelsea di Di Matteo vince ai rigori la prima Champions”. Drogba da tempo domina il calcio mercato: Cina? No, meglio Barcellona:
Il Giro d’Italia, che nacque proprio e è organizzato ancora in nome della Gazzetta, registra un evento: “Impresa di Amador. Un costaricano sfreccia a Cervinia”.