
Con la decadenza di Berlusconi, il Governo Letta
“sarà forse un po’ più coeso; certamente non è più forte. Il suo baricentro, rimasto in equilibrio per tutti questi mesi, una volta persa la sua ala destra, si sposterà inevitabilmente a sinistra. Resisteranno i “nuovi moderati”?
Questo interrogativo, comune a molti, a sinistra come a destra, è il tema centrale una analisi sul post decadenza di Berlusconi tracciata da Piero Ignazi su Repubblica.
Ha scritto Piero Ignazi:
“Non è la fuoriuscita in sé di Berlusconi e dei suoi che può impensierire Enrico Letta. L’esecutivo non ha nulla da temere da quella parte. Ogni mossa è prevedibile e scontata. Qualche graffio potrà ancora procurarlo ma le truppe si stanno oramai dislocando altrove, verso interpreti più credibili. Soprattutto più nuovi. Perché è di questo, con tutti i limiti del nuovismo, che l’opinione pubblica va in cerca. L’appeal di Matteo Renzi sta tutto lì, adesso; poi si vedrà.
Il governo si trova in una condizione inedita. Non è più quello prefigurato da Giorgio Napolitano e osannato dai sostenitori della “pacificazione”.
Le larghe intese si sono ristrette al minimo indispensabile sul piano numerico ed hanno perso il significato originario. Se l’idea iniziale del governo Letta prefigurava una sorta di grande coalizione — alle vongole peraltro, perché mancavano tutti i presupposti politici, culturali e istituzionali per insediarla — ora siamo ad un governo di sinistra con una piccola pattuglia di moderati al fianco. Una sorta di ipotesi bersaniana, se Pd e Scelta civica non avessero fallito la prova delle urne. In linea teorica un esecutivo privo dei guastatori berlusconiani dovrebbe godere di una navigazione più tranquilla.
Ma, in realtà, il Nuovo Centro Destra di Alfano quanto è lontano ideologicamente e politicamente dal ceppo originario? In che cosa si differenzia al di là del voler continuare l’esperienza di governo? Sono più filo-europei e meno anti-istituzionali, più pro-labour e meno anti-immigrati dei forza-italioti?
Solo qualora acquisisse i tratti di una vera destra europea il percorso di Letta avrebbe ancora senso: la sua piccola coalizione farebbe da levatrice a quel raggruppamento autenticamente moderato che da sempre manca alla politica italiana. Solo che non può farlo curvando ulteriormente in senso conservatore la propria azione. Anzi.
Privo del fardello berlusconiano l’esecutivo non ha più impacci per imporre una politica che rappresenti gli orientamenti della sua maggioranza parlamentare: 300 contro 30, ricordava con classica burbanza toscana il sindaco di Firenze. Il sigillo democrat sull’azione di governo, che sarà molto più incisivo dopo le primarie dell’8 dicembre, può quindi mandare all’aria le piccole intese”.
