ROMA – L’esercito prende il comando dell’Egitto. Il Corriere della Sera: “L’esercito prende il comando in Egitto: destituito dai militari il presidente Morsi. Annuncio in televisione: Costituzione sospesa fino al nuovo voto. Carri armati nelle strade del Cairo, mentre piazza Tahrir si riempie di manifestanti. Il ministro della Difesa annuncia la road map. Per i Fratelli musulmani, che hanno sostenuto Morsi nell’anno in cui è rimasto in carica, si tratta di un «colpo di Stato». Divieto di espatrio per il presidente. I militari promettono: governo provvisorio e al più presto nuove elezioni. Ma nel Paese c’è paura che possano scatenarsi altre violenze.”
I carri armati nelle strade del Cairo. Destituito il presidente Morsi. L’articolo a firma di Cecilia Zecchinelli:
“È finita ieri, alle 21.05, la prima prova di democrazia nella Storia millenaria dell’Egitto. «Le Forze armate hanno capito le richieste del popolo egiziano. Per questo la Costituzione è sospesa, presto saranno indette le elezioni presidenziali, il capo dell’Alta corte costituzionale reggerà il Paese fino a quel momento, verranno formati un governo di coalizione e una commissione per emendare la Costituzione, i giovani saranno inclusi nel processo decisionale», ha dichiarato a reti unificate il capo dei militari, generale Abdel Fattah Al Sisi, garantendo che «l’esercito non vuole poteri politici». Una garanzia che contrasta con la chiara direzione dei militari di questa drammatica svolta, o almeno co-direzione a fianco dell’opposizione, culminata nella deposizione del primo presidente eletto democraticamente in Egitto, Mohammad Morsi, dopo esattamente un anno di governo giudicato disastroso dalla maggioranza del Paese e del mondo. Ma una garanzia che in qualche modo ha trovato appoggio nelle personalità presenti all’annuncio: per la prima volta in una simile occasione c’era infatti l’intera opposizione, tra cui le massime autorità religiose, il Grande Imam di Al Azhar Ahmed Al Tayyeb e il papa copto Tawadros, il rappresentante del Fronte laico del 30 giugno Mohammad ElBaradei (che molti prevedono a capo del governo di transizione su cui sono già partite nella notte le consultazioni), quello dei giovani ribelli di Tamarrod Mahmoud Badr, persino quello del partito salafita Nur, staccatosi da Morsi. Le stesse persone che per molte ore, dal mezzogiorno, si erano riunite con Al Sisi in una riunione fiume al ministero della Difesa a cui la Fratellanza, invitata, non aveva partecipato.”
«Conti pubblici, più spazio per la crescita». L’articolo a pagina 5 de Il Corriere della Sera:
“Più flessibilità nei prossimi bilanci per Paesi, come l’Italia, che sono usciti dalla procedura di deficit eccessivo. L’annuncio del presidente della Commissione europea Manuel Barroso viene accolto con entusiasmo dal governo italiano e fa tirare un sospiro di sollievo. Cambia il clima, si allenta il rigore e il premier Enrico Letta non nasconde la soddisfazione. Prima, scrive in un tweet: «Ce l’abbiamo fatta! Commissione Ue annuncia ora ok a più flessibilità per prossimi bilanci per Paesi come Italia con conti in ordine». Poi, al Tg1, dice: «L’idea che l’Europa premia chi si impegna è un bel messaggio per i cittadini europei e per l’Italia che si è impegnata e oggi ha il suo premio». E annuncia: «Nella legge di stabilità metteremo in campo per il 2014 investimenti che abbiano a che fare con le infrastrutture, non soltanto fisiche, delle grandi opere, ma anche e soprattutto digitali del Paese. E poi affronteremo tutto il tema fondamentale del taglio delle tasse sul lavoro e della decontribuzione, dei crediti d’imposta per le assunzioni».”
Sì agli ecobonus per gli elettrodomestici. L’articolo a firma di Valentina Santarpia:
“Si allargano le maglie degli sconti fiscali per i consumatori: il Senato ieri ha approvato diversi emendamenti del decreto ecobonus che, se confermati alla Camera, permetteranno ai cittadini di usufruire di diverse agevolazioni al momento di pagare le tasse. Dopo un lungo lavoro di mediazione per trovare la copertura, con 251 voti favorevoli e 8 voti contrari il decreto ha avuto il via libera da palazzo Madama. Se le nuove norme saranno licenziate anche da Montecitorio, chi effettua lavori di ristrutturazione, oltre alla possibilità di detrarre fino ad un tetto massimo di 96 mila euro entro il 31 dicembre, potrà usufruire di un ulteriore sconto fiscale per l’acquisto di grandi elettrodomestici. Esteso poi agli impianti a pompa di calore l’ecobonus al 65%, mentre quello al 50% viene allargato anche ai lavori di adeguamento antisismico. Il costo finanziario per il governo è di 200 mila euro per il 2014, 2 milioni per il 2015 e 1,5 milioni per il 2016. Per ora resta legato invece solo ad un ordine del giorno l’impegno del governo a rendere stabile lo sgravio anti-amianto. Sospesa anche la questione sull’Iva sui cd-rom allegati ai libri scolastici, mentre scatta il rincaro per merendine e caffè ai distributori automatici.”
Bocciato il decreto sul taglio delle Province. L’articolo a firma di Lorenzo Salvia:
“La Corte costituzionale boccia la riforma delle Province approvata dal governo Monti, che le aveva tagliate da 86 a 51 nelle sole Regioni a statuto ordinario. La Consulta ha giudicato illegittimo il primo passo di quel percorso, il decreto salva Italia che aveva introdotto il sistema dell’elezione indiretta sia del consiglio provinciale sia del presidente che non dovevano essere più votati dal popolo ma scelti dai consigli comunali del territorio. A cascata, però, la sentenza di ieri colpisce anche il secondo decreto del governo Monti, quello che procedeva direttamente al taglio delle Province con una procedura che, dopo essersi arenata in Parlamento sul finire della passata legislatura, era stata poi congelata fino alla fine di quest’anno. Perché questo verdetto, sui 17 ricorsi presentati dalle Regioni? In attesa che vengano depositate le motivazioni della sentenza, la Corte spiega che non si poteva procedere con la «corsia veloce» del decreto legge. Si tratta di un «atto destinato a fronteggiare casi straordinari» e quindi non è «utilizzabile per una riforma organica e di sistema». Ma non è l’unico rilievo. Tra gli articoli della Costituzione violati c’è anche il 133, quello che fissa le procedure per modificare i confini delle Province. Un percorso complesso sostituito in quel decreto con un iter più veloce e centralizzato. L’unica consolazione, per il governo Monti, è che nello stesso giorno la Consulta ha salvato la riforma della «geografia giudiziaria», con il taglio di 31 tribunali e 220 sedi distaccate. Respinti tutti i ricorsi, l’unica sede salvata è quella di Urbino.”
Golpe in Egitto, deposto Morsi. La Stampa: “Esplode piazza Tahrir, Costituzione sospesa. L’ex presidente: ci opporremo pacificamente.”
Giovani, il miracolo “germanico”. L’articolo a firma di Tonia Mastrobuoni:
“Un antico proverbio dice che «Dio ha fatto il mondo, ma gli olandesi hanno fatto i Paesi Bassi». Abituati da secoli a difendersi dalle furibonde intrusioni del Mare del Nord, i sudditi di Re Guglielmo usano il termine «polder» per indicare la capacità di strappargli via pezzi di terra, ma anche per definire il dialogo sociale tra governo, imprese e sindacati. «Polder» è la politica del consenso che ha consentito agli olandesi di uscire dal «Dutch disaster», dall’impasse economica degli Anni 80, per diventare uno dei Paesi con la disoccupazione giovanile più bassa d’Europa, assieme alla Germania e all’Austria. Questa sorta di «eccezione germanica» nel cuore del Vecchio continente – che stride con i picchi di disoccupazione under 30 che stanno affliggendo soprattutto l’area mediterranea -, dipende in sostanza da tre fattori. Il primo è la capacità di crescere. I governi che si sono succeduti negli Anni 80 e 90 nei Paesi Bassi, e negli Anni 2000 in Germania, hanno affrontato, per dirla con l’economista del College of Europe di Bruges, Paolo Guerrieri, «il problema macro». Il risanamento dei conti pubblici, la moderazione salariale concordata in cambio di posti di lavoro e sgravi fiscali (grazie al «polder», appunto), un’incisiva riforma delle pensioni e l’introduzione di vincoli forti ai sussidi di disoccupazione, hanno garantito al Paese di Mark Rutte una ripartenza che già negli Anni 90 l’ha proiettata su ritmi molto più alti della media europea.”
“Sugli F35 il Parlamento non ha il diritto di veto”. L’articolo a firma di Francesco Grignetti:
“Come si ricorderà, è della settimana scorsa una mozione di maggioranza Pd-Pdl-Sc che blocca ogni «acquisizione ulteriore» di sistemi d’arma in attesa che il Parlamento faccia un’indagine conoscitiva come prevede la legge 244 dell’anno scorso. A qualcuno era sembrata una mozione inoffensiva. E invece no. Il comunicato del Quirinale è molto esplicito. Primo, «si è rilevato come l’attuazione della legge 244/2012 debba riflettere indirizzi strategici». Secondo, «tale facoltà del Parlamento non può tradursi in un diritto di veto su decisioni operative e provvedimenti tecnici che, per loro natura, rientrano tra le responsabilità costituzionali dell’Esecutivo». È un’interpretazione, quella che discende dal Consiglio supremo di Difesa, che ha visto seduti allo stesso tavolo Napolitano e Letta oltre Alfano e altri ministri, assai indigesta dal Parlamento. Secondo molti, l’indagine conoscitiva era solo il preludio a uno stop definitivo del programma F35. Ma altro sarà se l’indagine conoscitiva si dovrà fermare ai massimi sistemi e non potrà entrare nel merito delle «decisioni operative».”
I conti non tornano. La Juve è certa di portare Ogbonna in ritiro. Ma il Toro non molla e chiede più soldi ai cugini. L’articolo a firma di Gianluca Oddenino:
“Si incontrano da più di un mese, si confrontano ogni volta per ore e viaggiano ormai sulla stessa linea filosofica, ma Juve e Toro non hanno ancora trovato l’accordo definitivo per far passare Angelo Ogbonna dal granata al bianconero. L’atteso incontro milanese di ieri mattina, negli uffici della Cairo Communication alla presenza di Cairo, Marotta, Petrachi e Paratici più l’agente del giocatore, si è risolto con l’ennesimo rinvio dell’affare. Il terzo dopo il primo appuntamento ufficiale di metà giugno e la cena post blitz juventino in Inghilterra per Tevez. Qualcosa non quadra ancora, evidentemente, ma non c’è alcuno strappo da registrare tra le parti o improvvise rotture delle trattative. La Juve vuole fortemente Ogbonna e lo avrà, il Toro cerca di vendere a caro prezzo e fino all’ultimo non mollerà l’obiettivo. Ieri il derby di mercato Juve-Toro è stato intenso e si è concluso con dei saluti «freddini»: tutta colpa del prezzo del cartellino che continua a oscillare, nel classico gioco della domanda e dell’offerta, e delle formule reciproche che non convincono la controparte. «Le parti fanno i propri interessi», è il commento che emerge dopo il nuovo incontro.”