
MILANO – “Pisapia costretto a farsi le ronde padane” è il titolo dell’articolo a firma di Gianluigi Paragone su Libero Quotidiano:
Quando si parla di sicurezza c’è sempre qualche professorone che filosofeggia sul senso di paura percepito e non reale. E ti sciorina dati per cui la microcriminalità sarebbe in calo, per cui è solo propaganda politica buona per avanzare nei sondaggi. I dati – io credo non rappresentano sempre la gravità della situazione. Mi spiego. Mi capita spesso di parlare con agenti delle forze dell’ordine; sono costoro a dirmi che basta selezionare determinati voci di microcriminalità, togliendone alcune o aggiungendone delle altre, per alterare le classifiche. Non solo. Laddove effettivamente c’è una riduzione di tali episodi, questa si registra nelle zone centrali delle città, mentre in periferia il calo si vede col binocolo. Ma vado oltre e domando: ha senso sottovalutare la percezione di insicurezza in un contesto metropolitano dove alcune bande di ragazzi fanno esperimenti del terrore simulando assalti a danno di ignari cittadini ripresi con telecamere per poi studiare l’effetto che fa? Episodi analoghi non finiscono nelle statistiche (finiscono su Youtube) ma aumentano angoscia e paura. O no?
Lo stesso vale per quell’altra moda, dove all’improvviso un pirla tra la folla ti rifila un colpo in faccia, ti stende e scappa. Si chiama knockout game e ne aveva parlato anche il Corriere pochi giorni fa per denunciarne la pericolosa diffusione. Non credo che questo gioco da pirla finisca nelle statistiche sulla sicurezza, però manda all’ospedale della gente. Come vedete, dunque, se i cittadini hanno paura una qualche ragione ce l’hanno, perciò meritano rispetto e non letture sociologiche. Fatto sta che questo senso di insicurezza reale o percepito è diventato nuovamente un tema politico. In questi giorni televisioni e carta stampata stanno raccontando l’anarchia attuata in parecchie case popolari di Milano, dove gang di professionisti si fanno pagare per sfondare le porte di appartamenti abitati ma occasionalmente liberi (liberi per ore o per pochi giorni…) per poi consegnarli a nuovi inquilini in barba a qualsiasi regola. Una guerra tra poveri, alimentata da interessi criminali. Il bubbone alla fine è scoppiato al punto da trasformare le periferie in far west, in zone franche dove vince il più forte e il più “protetto”. Nei giorni scorsi Matteo Salvini – uno dei primi a denunciare la cosa a livello nazionale – aveva prospettato la soluzione militare per controllare queste periferie: usiamo l’esercito, aveva detto.
Leggo che al sindaco di Milano Giuliano Pisapia l’idea non piace e ha lanciato una controproposta: perché non impiegare i vigilantes? Toccherebbe a loro, insomma, mettere ordine nelle case popolari meneghine onde evitare il racket delle case. Sarebbe interessante domandare: chi li paga, questi vigilantes, visto che le casse sono vuote? E soprattutto, perché non usare la polizia locale? Vediamo agenti della polizia municipale molto attivi sul fronte degli autovelox o quando bisogna fermare il traffico per liberare la strada a favore delle auto blu dei potenti, com’era accaduto per il vertice Europa-Asia (mai visti così tanti vigili schierati in Milano…): perché non impiegarli nelle periferie? Infine, caro Pisapia, la paura della gente in quelle zone è percezione o è realtà? Il tema della sicurezza che «non è un problema reale ma solo percepito» è talmente fittizio (già, c’è chi insinua che è una questione gonfiata dai talk perché non hanno più nulla da dire e devono fare ascolti…) che pure diverse aziende pubbliche di trasporto hanno assoldato le guardie armate per frenare l’ondata di episodi di vandalismo e di sopraffazione sugli autobus. Aggressioni contro autisti e controllori, atti di teppismo contro i passeggeri: non c’è pace. Per questo Bergamo, Verona, Salerno e ora Brescia, forse Taranto, hanno deciso di tutelare personale e utenza con apposito personale armato. Esagerazione? No, «scelta obbligata», rispondono gli interessati. «Così non si può andare avanti: qui la gente finisce in ospedale. Tutto parte dai controlli dei biglietti e poi finisce sempre con colluttazioni».
Questa insomma è la situazione. Ho solo un dubbio: ma il tema della sicurezza non era roba per scaldare i talk o dare un argomento ai sopravvissuti del centrodestra? Perché allora si parla di vigilantes e guardie armate? Mannaggia la percezione…